La vicenda di Massimiliano
Latorre e Salvatore Girone, i due marò italiani di cui tanto si parla ma i cui
nomi nessuno sembra voler pronunciare quasi in un tentativo anticipato di
rimozione dalla memoria di quello che è probabilmente l’episodio più vergognoso
della storia d’Italia degli ultimi anni, costituisce la misura dell’imbarbarimento
della nostra società e di quanto siano esauriti i valori che dovrebbero essere
elemento fondante di un Popolo e di una Nazione.
Le rivelazioni dell’ex ministro Giulio
Terzi circa l’importanza, nel determinare il pasticciaccio dei marò, di “fortissime
pressioni di gruppi economici” non sono sorprendenti in sé in quanto già
avevamo capito che i rapporti economici tra Italia e India erano l’elemento che
preoccupava maggiormente i nostri governanti in tutta la questione. Però
sentirselo dire ferisce chi ancora crede che la vita umana non abbia prezzo e
che non ci sia accordo economico o rapporto commerciale che possa valere di
più.
Eppure anche Terzi parla di queste
“pressioni” solo ora, dopo che si registra un certo interessamento, non so
quanto credibile, da parte dell’Europa. Ecco allora spiegato perché i tanti
sforzi profusi dalla nostra diplomazia, almeno così ci hanno fatto credere, non
hanno prodotto risultati apprezzabili: i tanti sforzi non sono andati nella
direzione che più potrebbe far male all’India e, quindi, portarla a più miti
consigli circa la sorte dei nostri connazionali. La direzione, ovviamente, è
quella economica.
Ma, a quanto pare, non si possono
intaccare i rapporti commerciali, da cui i due militari rischiano sul serio la
pena di morte per non creare problemi all’import-export. Questo, oltre alla
drammaticità del caso specifico, ci fa capire cosa conta in Italia e cosa no e,
soprattutto, chi conta e chi no. Si ha il sospetto, a questo punto legittimo,
che si potrebbero mandare al macello tutti gli Italiani soltanto per
salvaguardare gli interessi di questi fantomatici “gruppi economici”.
Luca Craia
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