Provo una gran pena per i figli
di Ciferri, per la moglie, la sua famiglia. Così come provo una gran pena per
le famiglie delle sue vittime. I bambini sono coloro che pagano a maggior
prezzo tutta questa bruttissima storia. Una storia che vale solo ventimila euro,
una storia di sangue che fa riflettere.
C’è molto da riflettere: sul
grado di violenza che nostra civiltà ha raggiunto, sulla leggerezza con cui si
minaccia, anche a ragione, un’altra persona, sulla facilità con cui si preme il
grilletto ripetutamente e si uccide. C’è da riflettere sui fattori economici
che hanno portato a questa tragedia, sulla miseria dei due operai costretti
quasi a mendicare quello che spettava loro di diritto, sulla miseria stessa di
un imprenditore che non riesce a mantenere i suoi impegni.
C’è da riflettere sulle reazioni
della gente, di tutti noi, che ci siamo divisi tra sostenitori dell’omicida e
tifosi delle vittime, sulla strumentalizzazione vomitevole che si è fatta della
storia, su chi ha gridato l’ormai trita, ritrita, stucchevole litania del “dagli
allo straniero” che ha sempre torto anche solo per il fatto di essere straniero
e chi ha addirittura organizzato fiaccolate per condannare, prima dei giudici,
lo sparatore.
Siamo una società partigiana, che
deve sempre schierarsi da una parte o dall’altra. Una società di tifosi, sempre
pronti con i nostri striscioni pro o contro, pronti a sventolare la bandiera
che ci siamo scelti per ideologia, cultura, comodo o semplice superficialità. E
lo facciamo con violenza, molto spesso soltanto verbale, ma che non è così
diversa da quella di chi spara o brandisce un piccone.
Ora, di fronte al terzo morto di
questa bruttissima storia, spero che si ripongano i vessilli e ci si fermi un
po’ a riflettere, magari pensando a quelle famiglie distrutte, a quei bambini
che non hanno più un padre, a quelle mogli rimaste sole. E si pensi a quanta
violenza abbiamo in corpo, che manifestiamo in tante piccole situazioni, pronti
a condannare l’altro, a fargli male solo perché, magari, sventola una bandiera
diversa dalla nostra.
Luca Craia
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