Vi riporto un messaggio inviato
sulla pagina Facebook dell’Ape da una lettrice. Lo riporto integralmente e poi
vorrei usarlo come base di partenza per un breve ragionamento:
“Racconto quello che mi è capitato stamattina al mercato: sto in piazza
San Serafino. Mentre cammino mi sento dietro le spalle un vocione che dice: “mi
dia qualcosa”. Mi giro: un nero - niente contro i neri, preciso. Sincera non
portavo un soldo, mi stavo facendo solo un giro per il mercato, non è detto che
si va sempre in giro con i soldi, gli ho risposto che non portavo una lira. Mi
giro a mezza faccia lo vedo che fa il segno di darmi un calcio. Aveva una
faccia cattiva. Parlando con alcuni piazzisti mi hanno detto che questo gira
spesso e che molti cominciano ad avere paura. Beh, io non ho visto in giro un
vigile urbano, vorrei sapere cosa fanno tutto il giorno”.
Tralascio il commento sui vigili
urbani che, purtroppo, come sappiamo, sono fortemente sotto organico e non
possono controllare capillarmente il territorio come dovrebbero. Parto da
questo racconto che, forse, è uno come tanti che si sentono in giro, per analizzare
la questione dei rapporti tra Italiani e immigrati. Nella fattispecie il
questuante è un nero ma potrebbe essere stato di qualsiasi razza. Potrebbe
essere anche stato italiano anch’egli e questo avrebbe probabilmente spostato
la percezione del pericolo anche se non l’avrebbe certo annullata.
Il punto a cui vorrei brevemente
giungere è questo: sulla questione dell’immigrazione si stanno estremizzando le
posizioni. Da una parte ci sono i garantisti, che per puro principio vorrebbero
la massima apertura verso coloro che vengono in Italia in cerca di una vita
migliore. Dall’altro ci sono i cosiddetti “italianisti”, ossia coloro che
rigettano totalmente l’idea di accoglienza degli immigrati suffragati dai
problemi connessi alla crisi economica. Nel mezzo non si sentono voci.
La questione, invece, è piuttosto
complessa e, come sempre, la realtà va analizzata con una mediazione delle due
posizioni. Non è mia intenzione farlo in questa sede, ma credo che l’estremizzazione
di queste interpretazioni stia danneggiando prima di tutti gli immigrati
stessi. Infatti, la percezione che il cittadino mediamente ha della figura
dello straniero è esemplificata splendidamente dal racconto di cui sopra. È evidente
che personaggi “diversi”, senza lavoro, senza fissa dimora, possano generare
ansia e sensazione di pericolo. E questa sensazione è esatta, non è frutto di
razzismo ma della constatazione di un dato di fatto. L’uomo descritto dalla
nostra amica rappresenta davvero un problema.
L’esasperazione delle posizioni e
dei messaggi mediatici che arrivano su questo argomento acutizzano, però,
queste percezioni non perché siano inesatte ma perché le fanno tendere alla
generalizzazione. Da qui qualsiasi straniero diventa un pericolo. Invece è
necessario distinguere le varie situazioni. Diventa quindi indispensabile una
regolamentazione legislativa molto più precisa dell’attuale, che distingua i
veri rifugiati dai semplici immigrati, che dia il massimo sostegno umano a chi
ne abbia bisogno ma che non vada mai a ledere i diritti dei cittadini italiani.
L’Italiano deve sentirsi tutelato dal proprio Stato, solo in questo modo potrà
serenamente accettare lo straniero. E il primo a beneficiarne sarà proprio
quest’ultimo.
Luca Craia
Nessun commento:
Posta un commento