SFRATTATO DALLA VITA LINO PALLADINO UNA VERGOGNA ITALIANA - DI ANNA LISA MINUTILLO
La nostra
bella Italia che si divide sempre fra buoni e cattivi, che innalza muri di
divisione per via dell’appartenenza sociale, della provenienza, di quanto,
secondo alcuni, di differente c’è fra noi esseri perfetti e chi invece proviene
da terre lontane dove ci sono religioni differenti, costumi differenti, si
dovrebbe un tantino vergognare e dovrebbe farsi un bell’esame di coscienza
perché quando come in questo caso ci sono le maniche da arrotolarsi e
si deve dimostrare di esserci davvero ,stranamente, come per magia è
troppo distratta, troppo impegnata, troppo affaccendata e meno male, dico si
meno male, che a farsi carico di amore, disponibilità, aiuto e fratellanza è
stato un egiziano altrimenti sarebbe finita male e molto prima.
Ora
vediamo cosa saremo in grado di fare noi, grande paese dalle facili
considerazioni per quest’uomo che si ritrova in questa situazione.
Questo è
l’accaduto :
La
polizia giudiziaria e la Croce d’Oro arrivano in via Buranello a Genova poco
dopo le 9.30.
Lidio
Palladino, sessant’anni, disabile per un ictus che ha immobilizzato parte del
corpo, resta seduto sulla carrozzina dietro al bancone del suo negozio, “La
cantina dello zio”, un’enoteca diventata ormai da anni anche la sua casa.
Dentro ci
si muove a fatica, non c’è luce ne acqua, staccate per morosità. Lo stesso
motivo dello sfratto, dopo l’ennesimo affitto non pagato alla proprietaria dei
muri.
«Da
questa attività Palladino riusciva a ricavare quanto serviva per sopravvivere
ma poi non ce l’ha più fatta – spiega l’avvocato David Salanitro – Ora lo
porteranno in ospedale.
Soluzioni?
“Non
sappiamo, di sicuro però stanotte dormirà su un letto d’ospedale. Cercherò
subito di portare la richiesta di una casa popolare in condizioni di emergenza
per affrettare l’assegnazione. Ma non sarà un iter breve”.
Un timore
che ribadiscono gli occhi di Tarik Ferhat, egiziano tra i pochi ad aiutare
Palladino vivendo insieme a lui nel negozio trasformato in casa.
«Da otto
mesi e mezzo io e un’altra signora dormivamo e lo accudivamo nel retro del
negozio. Notte e giorno. Anche perché dal Comune o dai medici non gli è
arrivato mai alcun aiuto. Lo mettevo sul letto e cercavamo di aiutarlo, lo
abbiamo subito preso a cuore. Purtroppo siamo tutti in mezzo alla strada».
Dove
falliscono le istituzioni intervengono i più deboli, le persone che avrebbero
loro stesse bisogno di aiuto e conforto ed io non posso fare a meno di domandarmi
se è questo il paese in cui è tanto bello vivere, se è questo il mondo che
desideriamo, se i nostri occhi e le nostre orecchie dovranno vedere ancora a
lungo situazioni come questa.
Mi
domando se bisogna giocare al “rimbalzo” prima di fare qualcosa, se non sarebbe
meglio cercare delle soluzioni che ad oggi ancora per molte situazioni non vi
sono, se deve sempre scapparci il morto prima di intervenire, se dopo è così
semplice riuscire a dormire sereni la sera, se e quando avrà una fine questa
indifferenza gratuita che non ci fa onore e che ci rende tutti desiderosi di
fuggire da questa realtà, di vedere la vita come un peso invece di gioirne e di
rallegrarci per l’incanto che ogni giorno la vita ci potrebbe regalare se solo
non dovesse scontrarsi con situazioni disastrose come questa.
La sensibilità, la fratellanza, la disponibilità, i sorrisi, la cura, la
gentilezza, l’ascolto, non hanno colore né religione, né orientamento
sessuale preordinato, questi valori appartengono a chi ancora ha un cuore e mi
dispiace che spesso questo non venga visto e apprezzato soprattutto quando
accade per mano di persone che vengono sempre additate per le loro diversità
con cui forse bisognerebbe scusarsi prima di ogni cosa.
Vediamo
cosa faranno ora le nostre grandi istituzioni italiane per Lino Palladino,
vediamo se almeno per lui non sarà troppo tardi, vediamo se si inizierà a
capire che i cittadini soprattutto quelli già amaramente colpiti dalla vita
hanno bisogno di aiuto e non di facili giudizi e per favore : cresciamo!
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