È un argomento che non volevo trattare per diversi motivi, tra cui la
convinzione che si tratti di discussioni volute dal regime e anche per cercare
di evitare l’ennesimo attacco dell’ennesimo mentecatto in cerca di sfogo alle
proprie frustrazioni. Ma, come si sa, non so trattenermi nel dire la mia e,
essendo questo uno spazio privato (c’è anche scritto “blog personale”) faccio
come mi pare e chi è infastidito non legga.
Si, sono fermamente convinto che la questione “gender” sia una disputa
popolare costruita ad hoc dal regime mediatico che governa Italia e mondo
occidentale, una discussione nata per riempire pagine di giornali, palinsesti televisivi,
blog e pagine dei social network. Un argomento di discussione da bar o
parrucchiere che tenga impegnata la gente comune e non la faccia pensare ad
altro, a qualcosa di più importante per la loro vita. Una discussione che
faccia credere ai diretti interessati che stiano lottando per ottenere una
libertà essenziale mentre quelle realmente essenziali ci vengono
sistematicamente tolte giorno dopo giorno, pezzetto dopo pezzetto. Così, come
si è volutamente riaperta l’ormai trita questione della legalizzazione delle
droghe leggere, anche il dibattito sulla questione gender, ben più complesso e
articolato, è una polpetta avvelenata che nasconde un’operazione di restrizione
delle libertà fondamentali, uno zuccherino che ci deve far accettare lo scambio
tra libertà (o presunte tali) non essenziali e libertà primarie.
Scendendo, però, nella questione in sé posso dire il mio parere, per
quel che conta. Penso che l’affettività tra due persone debba essere oggetto di
garanzie di legge, siano esse persone di generi diversi o dello stesso genere.
E questo non riguarda necessariamente l’unione sessuale tra due persone. Penso,
ad esempio, ai casi di fratelli non coniugati che convivono per anni, penso ad
altri tipi di convivenza che non implicano affettività di tipo sessuale. Credo
sia giusto che la legge stabilisca un negozio giuridico che fornisca diritti
equiparabili a quelli matrimoniali alle cosiddette “coppie di fatto”, in modo
tale che, sia finanziariamente che affettivamente, tali unioni possano avere
delle garanzie protette. Del resto il matrimonio stesso, da un punto di vista
legale, non è altro che un negozio giuridico tra due persone, un contratto che stabilisce
diritti e doveri in una convivenza e i diritti e doveri sociali che ne
conseguono. Non vedo perché questi diritto non possano essere ampliati a tutte
le forme di convivenza. Poi chiamiamo questo negozio come ci pare.
Diverso è il discorso per quanto riguarda la procreazione che, per
natura, non è possibile tra persone dello stesso sesso. In questo caso, molto
semplicemente, credo dovrebbe valere il principio della naturalità delle
azioni: se due persone dello stesso genere non possono procreare perché è la
natura a impedirlo, non dovrebbero allevare figli. Idem dicasi per la
scandalosa sentenza della Cassazione che stabilisce in qualche modo la
discrezionalità personale nel decidere il proprio genere sessuale. Tralascio le
implicazioni morali perché il discorso sarebbe troppo ampio e complesso, e mi
fermo sulla stessa considerazione di cui sopra: se la natura ti fa nascere
maschio sei maschio, a prescindere dall’inclinazione sessuale. Se nasci femmina
sei femmina. Un essere umano fisicamente definibile in un genere appartiene a
quel genere. Cambiare sesso sulla carta a proprio piacimento mi pare illogico,
insensato e superbo.
E ora, via agli insulti
Luca Craia
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