Non so se sia il giornalista un po’ confuso, che sul giornale
addirittura fa suonare il violino a Francesco Di Rosa, o qualche politico
nostrano in vena di autolesionismi, fatto sta che leggere l’articolo sull’apertura
presunta (tocca presumere, perché, visti i ritardi, faccio come San Tommaso e
credo quando tocco) riapertura del La Perla suscita me ilarità mista a un po’
di stizza. Infatti è curioso quanto si dichiara, appunto, sui ritardi. Il
giornale dice che, visto che ormai aprire per lo spettacolo di Celestini
(vendendosi la pelle prima di avere ammazzato l’orso) non era stato possibile,
allora se la sono presa comoda per fare le cose per bene.
Ok, ci sta, anche perché sembra che restaurare il lampadarione
centrale sia stata impresa titanica. Però, poco più avanti nell’articolo, si
dice che i finanziamenti per convertire il cinema al digitale sono stati persi perché
il cinema era chiuso. A parte che, presentando un progetto in cui si fossero
fornite date certe sull’apertura si sarebbe potuto tranquillamente concorrere
al finanziamento, fosse vera l’impossibilità di partecipare per la chiusura
della sala, perché allora se la sarebbero presa tanto comoda? Perché non si
sono sbrigati?
Luca Craia
Nessun commento:
Posta un commento