Sapevo che l’Archeoclub aveva intenzione di mettere una targa sua in
Sant’Ugo, nonostante ce ne fosse già una a ricordare l’installazione dell’impianto
di illuminazione che è sì stato realizzato da Arkeo e Lions, ma quando Arkeo
ancora si chiamava Archeo Club Montegranaro. È una vita o quasi che l’Archeoclub
cerca di appropriarsi della cosa e oramai ci abbiamo fatto l’abitudine, come a
una mosca fastidiosa o a un rumore insistente al quale, col tempo, fai l’orecchio.
Del resto chi ha fatto cosa è nella storia, lo sa l’ingegner Leonardi che ha
progettato l’impianto, lo sa la ditta che l’ha installato, lo sa la gente che è
venuta all’inaugurazione e lo sanno anche i soci dell’Archeoclub che se ne
vogliono prendere i meriti. Contenti loro…
Oggi, entrando in Sant’Ugo, ho visto la targa, installata alla
chetichella vicino all’ingresso. Ho avuto un sussulto, non tanto per l’inesattezza
che, da chi studia archeologia e storia, non ti aspetteresti, nella definizione
di Sant’Ugo come cripta, cosa che non è assolutamente. Ci sta, la tradizione la
chiama così e anche se, in questo campo, dovremmo essere un tantino più
rigorosi, non ce lo possiamo aspettare da chi tutto fa meno che storia e
archeologia. E nemmeno per la dicitura Archeoclub d’Italia sede di
Montegranaro, falsa in assoluto, perché l’impianto l’ha fatto l’Archeo Club
Montegranaro con codice fiscale 90054480448 e non l’Archeoclub d’Italia che non
ha tirato fuori un centesimo.
Il sussulto l’ho avuto perché questa associazione, che prima fra tutte
dovrebbe avere a cuore e tutelare il patrimonio storico e culturale della
nostra terra, nella smania di appendersi medaglie, per applicare la famosa
targa, ha forato col trapano dei mattoni antichi di oltre mille anni. Non
sanno, evidentemente, i dotti soci dell’Archeoclub, che si potrebbero prendere
le misure esatte in modo di far capitare il foro tra le stuccature dei mattoni.
Non sanno, evidentemente, che basterebbe una goccia di resina per appendere una
targa che pesa pochi grammi, senza necessità di forare alcunché. Troppa la
foga, troppa l’ansia, troppa la voglia di apparire in un paese dove apparire
conta più dell’essere.
Potremmo fare un esposto alla soprintendenza ma non servirebbe: il
danno è fatto. Se qualcuno lo vuole fare faccia pure, a noi non interessa più. Noi
toglieremo la nostra targa, posta da tempo e appoggiata senza danno sulla mensola
di una finestra senza dover forare nulla, perché queste lotte tra guelfi e
ghibellini nel XXI secolo sono ridicole. Lasceremo i bambini giocare col loro
giocattolo sperando che si divertano. Prendiamo atto del danno, grave, al quale
non possiamo rimediare, e continuiamo a fare quello che abbiamo sempre fatto:
proteggere, promuovere, valorizzare, studiare il nostro patrimonio. In quanto
al proteggere, in questo caso non ci siamo riusciti. Perdonateci.
Luca Craia
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