ttina partiva di buon’ora per andare a suonare a un
matrimonio chissà dove, o più tardi se era a Montegranaro. E mi ricordo molti
di questi matrimoni perché spesso mi portava e io, piccoletto, andavo
curiosando nelle vecchie chiese, sviluppando forse da allora la passione per
l’antico e la curiosità di andare a vedere che c’è in ogni antro scuro,
spigolo, buco.
Erano bravi. Babbo cantava davvero bene,
con una voce tenorile ma leggera dovuta anche alla corporatura non troppo
possente nonostante l’altezza. Peppe De Vischeretto era soave col suo violino,
e Fabrizio lo sostituì degnissimamente. Il Maestro Franceschetti era l’uomo
delle partiture, quello che dava gli attacchi e un po’ l’anima intellettuale
del gruppo. Il loro repertorio andava da Verdi a Hendel passando per Schubert.
La loro Ave Maria è memorabile, ma io ancora oggi mi commuovo se sento La
Vergine degli Angeli. E mi commuovo, ora che babbo non c’è più, quando qualcuno
ricorda il suo matrimonio e mi dice: “lo sai che tuo padre ha cantato per
noi?”.
Un episodio per sorridere. Spesso venivano
invitati anche a pranzo e qualche volta andavano. Capitò una volta che andarono
al ristorante, mangiarono gli antipasti e uno dei primi piatti discorrendo
allegramente con altri conviviali seduti al loro tavolo finchè non si avvicinò
loro la sposa che li guardò stranita ma non disse nulla. Anche loro la
guardarono straniti e, subito dopo, si alzarono e se ne andarono a gambe
levate: avevano sbagliato ristorante, matrimonio e sposi.
Luca Craia
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