sabato 16 gennaio 2016

L’involuzione della scuola e le gravi responsabilità politiche.



Due parole sul mio blog sull’attuale questione della settimana corta o lunga a scuola le voglio dire anch’io da osservatore esterno, essendo ormai i miei figli cresciuti e fuori da queste beghe. Quello che salta all’occhio e che, forse, è la cosa più triste di questa vicenda è la politicizzazione estrema di questioni in cui la politica non dovrebbe entrare nemmeno di sfuggita. C’è un evidente regia politica in tutto quello che sta accadendo, una regia che si è subito manifestata dopo l’insediamento dell’attuale amministrazione comunale che, fina dai primi giorni, manifestava la contrarietà alla mensa per le scuole elementari dovuta, pare, a questioni di bilancio. Un bilancio che, però, non pare così disastrato come si vorrebbe far credere visto che, per altri settori, i soldi ci sono eccome.
La politica nella scuola c’è sempre stata, non voglio fare l’ingenuo, lo so benissimo. Ma mai è stata così palese la sua pressione, mai si è vista così manifestatamente l’ingerenza del potere politico sull’insegnamento. Forse perché il Sindaco è un’insegnante, forse perché si è capito che la scuola è un nodo politicamente strategico, forse per questioni di mero potere di posizione. Fatto sta che abbiamo assistito, e continuiamo ad assistere, a scene brutte che con l’educazione dei giovani non c’entrano niente.
Abbiamo visto, per fare un esempio, una campagna elettorale a scuola, una campagna elettorale fatta di muro contro muro per eleggere i rappresentanti dei genitori in seno al Consiglio di Istituto. Abbiamo visto lotte interne ed esterne, accordi strategici, manovre che, normalmente appartengono a sfere diverse da quella dell’insegnamento e dell’educazione. Abbiamo letto proclami post elettorali che sembravano quelli dei partiti dopo le elezioni politiche, dove tutti hanno vinto e nessuno ha perso. E, oggi, assistiamo a questo capolavoro strategico del referendum, evidentemente studiato a tavolino per fare in modo di non raggiungere il quorum e poter prendere liberamente la decisione politicamente più opportuna, decisione già presa dal corpo docente.
È una grave involuzione della scuola montegranarese, come sempre quando si tolgono dei servizi. Quando il mondo civile imposta la scuola come centro di formazione globale, sociale oltre che culturale, proponendola come luogo in cui il giovane passa l’intera giornata e dove può trovare dallo studio allo sport passando per la cultura extrascolastica, da noi si torna al passato, con la scuola che si arrende per quanto riguarda l’educazione e si pone solo come formatrice culturale, lasciando gran parte del tempo del giovane ad altre forme di formazione, sempre che ve ne siano.
La scuola, nei paesi civili, deve essere a tempo pieno. Da noi si limita a cinque ora la mattina. Non si occupa di sport, di teatro, di letteratura se non per quello che riguarda lo stretto programma scolastico. Chi vuole fare sport paghi la retta alle società sportive. Chi vuole fare musica si iscriva a una scuola privata. Ci si limita a dare il servizio minimo. È un regresso enorme, produce ignoranza e disservizi. Fa risparmiare, è vero, ma crea un danno notevole. E chi oggi e, forse, domani, dopo l’esito del referendum, si beerà di tutto questo come di una vittorio politica (perché di questo si tratta) si assumerà una gravissima responsabilità per il futuro dei nostri giovani.

Luca Craia

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