È paradossale questa impennata di criminalità nel fermano proprio nell’era
della videosorveglianza. Un’impennata testimoniata quotidianamente dalle
cronache locali che parlano di un susseguirsi preoccupante di atti criminosi,
molti dei quali compiuti da stranieri, che contraddicono le rassicurazioni che
giungono da tutori dell’ordine e politici. È paradossale perché, nel momento in
cui si cerca di tranquillizzarci snocciolando dati sull’utilità della videosorveglianza,
i fatti ci dicono che questa è pressochè inutile quando non dannosa.
Inutile, dicevo: anche se talvolta può aiutare nell’individuazione dei
responsabili di atti vandalici o di piccoli gesti criminali, la
videosorveglianza, se non è in tempo reale con la possibilità di intervenire
tempestivamente durante il crimine, serve a ben poco. Né può essere considerata
un valido deterrente in quanto il malvivente, ormai a conoscenza dell’esistenza
delle telecamere, prenderà ovviamente le sue contromisure per non essere
riconosciuto.
Dannosa. Lo è perché crea una sorta di alibi psicologico, una specie
di convinzione di avere fatto quanto si poteva fare e, quindi, non sia
necessario studiare nuove forme di tutela dell’ordine. E la mia impressione è
che stia accadendo proprio questo: ci si è adagiati, si considera il monitoraggio
video del territorio come la panacea di tutti i mali e non si pensa a come,
magari, intensificare i controlli sul posto, i pattugliamenti, i controlli
preventivi.
Le conseguenze le leggiamo sui giornali, con notizie ogni giorno più
preoccupanti. E la gente comincia ad avere davvero paura. E a chiedere risposte
che, al momento, non vengono o non convincono.
Luca Craia
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