Stamattina, quasi come fosse un blitz, alcuni rappresentanti dell’Unicam
si sono presentati a San Claudio al Chienti, attrezzati per benino con il
georadar, per fare delle prospezioni sul sottosuolo insistente l’antica abbazia. Verrebbe
da dire finalmente, visto che, a oltre un anno dalla partenza del progetto di ricerca
guidato dal Prof. Pambianchi, è il primo segnale concreto che si stia muovendo
qualcosa. È anche la prima volta che l’Unicam si reca a San Claudio in maniera
ufficiale, e anche questo è un fatto importante: testimonia che le teorie sui Franchi nel Piceno forse non sono così strambe come qualche illustre accademico ha
sempre cercato di far credere.
Il punto, però, è che, ancora una volta, l’Unicam fa da sé. Il mondo
universitario non si abbassa, non dialoga con chi sta portando avanti e studiando
la teoria dei Carolingi in Val di Chienti da anni. E, soprattutto, continua a
snobbare l’uomo senza il quale la teoria non esisterebbe e, diciamolo chiaramente,
oggi l’Unicam, starebbe a fare il georadar altrove, o forse non lo farebbe per
niente. Logicamente mi riferisco a don Giovanni Carnevale, dall’intuizione del
quale (e dai suoi successivi studi) si è mossa questa ondata di fermento
culturale e di ricerca che, alla fine, ha coinvolto anche il mondo accademico.
Onestà intellettuale pretenderebbe un tributo a don Carnevale e un suo
coinvolgimento negli studi che si stanno facendo. E sarebbe cosa intelligente
confrontarsi con tutto il mondo degli studiosi, ancorché amatoriali se
vogliamo, che stanno portando avanti il processo di ricerca con o senza i
potenti mezzi dell’Università. Sarebbe cosa intelligente, dicevo, ma richiederebbe
anche una buona dosa di umiltà. Se della prima possiamo presumere l’esistenza
con buona approssimazione, della seconda possiamo tranquillamente dubitare.
Luca Craia
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