Sono scene che, qualche anno fa, non avremmo mai pensato di dover
vedere. Ricordo come sognavamo tutti un mondo migliore quando cadde anche il
Muro di Berlino. Ricordo come speravamo convintamente in un’Europa senza
confini, dove potevamo circolare come cittadini del mondo, dove eravamo padroni
del nostro destino, del futuro, dove non dovevamo temere nulla perché non c’era
più nulla di cui temere.
La fine della guerra fredda ci ha dato l’illusione di entrare in un’era
di pace e prosperità, salvo poi accorgerci che la fine della tensione tra i
grandi blocchi aveva generato tanti piccoli conflitti e che, se la tensione tra
i grandi era sostanzialmente stabile, questo nuovo fermento di violenza non era
in alcun modo controllabile. Poi c’è stata New York e una lunghissima serie di
errori di politica internazionale, generati da incompetenza, idealismo privo di
razionalità e disonestà. Abbiamo visto un’occidente sbagliare tutto e
disgregare ogni forma di status quo nei paesi arabi, con le conseguenze che
oggi vediamo: esodi di popoli interi in fuga dalla guerra e quella parte del
mondo, che in qualche modo quella guerra ha propiziato, inerme, incapace di
porre rimedio.
Ed eccole le scene che qualche anno fa non avremmo mai pensato di
dover vedere: erigere muri nel cuore dell’Europa, ripristinare le frontiere,
filo spinato, soldati armati per fronteggiare l’invasione di profughi che la
politica scriteriata dei nostri governanti ha generato. Legittimamente gli
Europei sono spaventati da questo esodo che rischia di scardinare la nostra civiltà
e la nostra cultura. E c’è solo un modo per arginare il fenomeno: l’istituzione
di corridoi umanitari gestiti direttamente e razionalmente dagli Stati interessati
dall’esodo. Ma per far questo bisogna essere solidali, bisogna rinunciare al
privilegia di essere su una linea arretrata rispetto al fronte di esodo. E
soprattutto bisogna evitare le speculazioni di chi, in tutto questo scempio di
umanità, ci lucra e ingrassa. Impossibile per questa classe dirigente inetta e
disonesta.
Vedere erigere un muro sul Brennero è raccapricciante, nemmeno il più
crudo romanzo futuristico lo avrebbe potuto immaginare con tanta truculenza.
Eppure eccolo là, lo stanno davvero facendo.
Quello non è solo un muro per tenere fuori i profughi, non è solo un
modo, se vogliamo, legittimo di tutelare i propri cittadini e la loro qualità
della vita: quello è il monumento, il simbolo estremo del fallimento dell’idea
di Europa.
Luca Craia
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