Ieri sembrava fosse scoppiata la bomba H. Non c’era nessuno in strada,
un silenzio surreale, quasi fischiavano le orecchie. Si sentivano solo gli
uccelli cinguettare e le foglie frusciare sugli alberi. Ogni tanto, a
ricordarci che l’essere umano non si era ancora estinto, il rumore di un
televisore che usciva da una finestra. Naturalmente sintonizzato sulla partita
della Nazionale.
Ecco, vorrei sentire quel silenzio religioso, ascetico, vorrei vedere
quella devozione che porta l’Italia a fermarsi completamente in un giorno
lavorativo e in orario lavorativo, che porta l’operaio e il padrone a
sospendere la produzione, il barista a smettere di fare caffè, lo spazzino a
smettere di spazzare, il controllore di volo a fare uno sciopero apposito per
potersi vedere la partita, vorrei vedere tutto questo per qualcosa di diverso
dallo sport. Con tutto il rispetto per lo sport (la partita, almeno il secondo
tempo, l’ho guardata anche io).
Vorrei sentire la gioia che ho sentito quando tutta l’Italia, dopo
quasi novanta minuti di silenzio surreale, è esplosa in un grido liberatorio
per il goal, vorrei sentire quella gioia per l’ottenimento di un qualche
diritto che stiamo, invece, perdendo. Vorrei vedere l’incazzatura per un gioco
insoddisfacente, con la stessa intensità, per questi diritti calpestati, per la
libertà negata, per la Costituzione fatta a brandelli. Vorrei vedere la stessa
partecipazione che vedo per la partita alle elezioni, al referendum, quando si
decide del nostro futuro e di quello dei nostri figli.
Ieri l’Italia del pallone ha vinto e siamo tutti contenti. L’Italia
reale, invece, quella che perde occupazione, diritti, salute, qualità della
vita, prestigio internazionale, quell’Italia sta perdendo ogni giorno di più. E
adesso, per qualche tempo ancora, almeno finchè l’Italia del pallone continuerà
a vincere (speriamo ancora a lungo, per carità) non ce ne accorgeremo nemmeno. E
qualcuno, come sempre, ne approfitterà.
Luca Craia
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