Cosa non si
fa per una pugno di visualizzazioni: si va al cimitero, ci si apposta nei pressi della tomba di una persona protagonista di un brutto fatto di
cronaca, nel quale ha purtroppo perso la vita, e si aspetta; si aspetta di
vedere, in un’ora, chi viene a far visita al sepolcro. Questa, almeno, è l’immagine
che mi sono fatto di Massimo Del Papa sulla base di quello che scrive nel suo
articolo apparso su “Lettera 43” (leggi articolo).
Poi non so se sia vero che il giornalista sia veramente stato un’ora impalato
al cimitero, magari ha solo immaginato la scena tramite i soliti sentito dire,
quelli che hanno costruito l’immagine di mostro addosso all’omicida che sarà,
appunto, omicida, ma mostro certamente non è; quelli che hanno fatto andare in
prima pagina il prete imprenditore e gli hanno donato fama e credito politico
da parte di chi sa come usare certe cose; quelli che, per un fortunatamente
breve lasso di tempo, hanno fatto di Fermo la capitale dell’intolleranza e del
razzismo.
Ma prendiamolo per vero. Dopo quest’oretta
di appostamento, sorpresa delle sorprese, Del Papa si
accorge che al cimitero, a visitare la tomba di Emmanuel, l’uomo nigeriano che
ha avuto la peggio nella zuffa col facinoroso fermano Mancini, non ci va
nessuno. E la domanda è: chi ci dovrebbe andare? Mancini è in galera, secondo
me ingiustamente. Don Vinicio ha ben altre cose di cui occuparsi, tra l’amministrazione
del suo impero e la gestione della sua immagine personale che si sta
sbriciolando piano piano. La moglie del defunto è altrove. E i Fermani?
I Fermani
sono la vittima innocente di questa brutta storia. I Fermani, quelli che non
erano lì, in quella strada, ma erano a svolgere le loro mansioni quotidiane, a
vivere la loro vita di provincia fatta di normalità, una vita come quella che
vivono tutti gli Italiani per bene, che non vanno in giro a bastonare gli
stranieri e che ingoiano ingiustizie sociali che, quelle sì, generano razzismo
e potenziale violenza, i Fermani, dicevo, hanno bisogno di silenzio, col quale riflettere su questa
brutta pagina di storia.
I Fermani
sono stati accusati di razzismo. A farlo sono stati don Vinicio, Alfano, La
Boldrini e tutta la parata di incravattati che è arrivata a Fermo in massa e di
corsa per utilizzare al meglio la cronaca estiva picena. E Del Papa, che non so
dove viva ma probabilmente Fermo la conosce davvero poco, continua. Continua in
un momento in cui bisognerebbe finalmente tacere, ora che si sono spente le
luci, ora che persino il prete imprenditore ha capito che sarebbe stato meglio,
se non tacere, usare almeno altri toni fin da subito.
Del Papa no.
Del Papa ancora accusa. Ha bisogno di visualizzazioni, evidentemente. E allora
che fa? Va al cimitero e aspetta. Non va in carcere, per esempio, visto che ha
così tante ore da spendere, a trovare Mancini che, per un’accusa per la quale
il peggior criminale del mondo con una fedina penale chilometrica starebbe ai
domiciliari, marcisce ancora in galera non si sa perché. Non va a sentire la
sua versione, non gli interessa. Non va in giro per Fermo a parlare coi Fermani
feriti e offesi. Lui va al cimitero e aspetta. E poi scrive un bel sermone in
cui siamo tutti cattivi, provinciali, gretti. E fa un sacco di visualizzazioni,
e io, mannaggia a me, lo sto aiutando.
Luca
Craia
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