Quella di
Gorino è una delle pagine più tristi che io abbia letto ultimamente. È un
episodio raccapricciante e rappresenta nella sua crudezza tutto il senso di
questi giorni sciagurati che stiamo vivendo. Ed è irritante come l’informazione
è stata gestita, ancora una volta manipolata in modo di creare le solite due
tifoserie, opportunamente contrapposte e pronte alla pugna l’una contro l’altra:
i pro immigrati, arrabbiatissimi contro gli abitanti di Gorino, definiti con i termini
più dispregiativi che la mente umana possa concepire, e i pro abitanti di
Gorino, salvatori della Patria e ultimo baluardo di civiltà. È questa la parte
più brutta della vicenda: i soliti due partiti di benpensanti, i leoni da
tastiera, i moralisti del bianco e del nero, quelli con la ricetta giusta per
definire il bene e il male.
Credo che
quella che vediamo, invece, sia una tristissima, bruttissima, deprecabilissima
guerra tra vittime dello stesso sistema disumano e disumanizzante, una guerra
tra poveri cristi, uno sbranarsi per l’osso che è sempre più spolpato. I
rifugiati sono vittime di guerre, povertà, sono i martiri del sistema
globalizzato, le pedine di un gioco geopolitico che sta modificando in senso
peggiorativo estremo l’intero mondo come lo conosciamo. In un contesto normale
sarebbe altrettanto normale e logico accoglierli e aiutarli ma in Italia non c’è
un contesto normale: ci stanno inculcando la paura, il senso di insicurezza
viene inoculato quotidianamente ed è fondato, ma viene stillato nel sangue
degli Italiani cosicché vedano lo straniero come un pericolo in sé. L’Italiano
fa fatica a vivere, a mantenere il proprio livello qualitativo di esistenza. È facile
utilizzare la rabbia e l’insicurezza che prova per alimentare il dualismo tra i
buoni e i cattivi.
Il
meccanismo è semplice: ognuna delle due parti è convinta di essere nel giusto,
di essere il buono. Capiamoci: esiste un problema immigrazione in Italia ed è
un problema enormemente grave. Ma il fatto di Gorino c’entra poco. Qui siamo di
fronte alla manipolazione pura del problema per creare un ennesimo diversivo
mediatico che sposti l’attenzione altrove, lontano da quello che nessuno vorrebbe
che venga notato, capito, elaborato.
Per questo
non voglio partecipare a nessuno dei due cori da stadio. Credo che tutti gli
attori di questo dramma ne siano contemporaneamente vittime. Il carnefice,
nella rappresentazione, non c’è, è altrove. Invece di inveire l’uno contro l’altro,
cerchiamo di scovarlo e smascherarlo.
Luca
Craia
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