Chi non ha
notato, scendendo da Macerata verso Sforzacosta, subito dopo il passaggio a
livello, sulla destra, quella curiosa installazione di oggetti disposti con una
certa cura e una certa logica lungo un terreno al margine della strada? Sono
frutto della creatività di un personaggio maceratese molto conosciuto e
rispettato, Franco Prato, ex vigile del fuoco, Cavaliere della Repubblica e
uomo di grande estro. È un suo modo di comunicare, se vogliamo bizzarro, ma
comunque una forma di espressione.
A molti
quella curiosa esposizione di oggetti di uso comune, posti a dar mostra di sé come
una testimonianza del nostro tempo, sembra abbia dato fastidio, tanto da far
giungere in Consiglio Comunale un punto all’ordine del giorno, firmato dai
consiglieri Maurizio Mosca e Paolo Renna, punto che poi il Consiglio ha
approvato e a cui la Giunta ha dato esecuzione, per ordinare la rimozione di
questi oggetti, rimozione che è già iniziata.
L’ordinanza
non parla di “rimozione” bensì di un più morbido “contenimento progressivo”,
termine piuttosto ambiguo che, secondo me, nasconde una violenza inaudita
contro un libero cittadino e la sua opera. Perché, vedete, che piaccia o non
piaccia, l’installazione di Prato è arte, è la forma di espressione di un uomo,
per di più realizzata su una proprietà privata.
Quello che
il Comune di Macerata sta operando è un autentico abuso, per quanto la legge lo
consenta. È un modo coercitivo di limitare la libertà di espressione e
costituisce un pericoloso precedente. Perché l’arte, per di quello parliamo,
non può essere soggetta al gusto del potere e il potere non può distruggerla
per il proprio gusto estetico. A me questa cosa fa un po’ paura.
Luca
Craia
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