Come ti
svuoto il centro e mando tutti al centro commerciale. È la nuova politica dei
comuni italiani, quella di incentivare l’apertura e il potenziamento dei grandi
centri commerciali. È una politica che produce due effetti: crea poli
commerciali di grande attrattiva e svuota i centri storici. È successo ovunque:
a Civitanova Marche il mostro commerciale rappresentato dal Cuore Adriatico ha
massacrato corso e vie centrale della città, con conseguenze pesanti anche sui
centri limitrofi. A Macerata esiste lo stesso fenomeno a causa dell’Auchan, a
Fermo il centro sta reagendo solo ultimamente dopo anni di desertificazione a
vantaggio dell’Oasi di Campiglione. L’Auchan di Porto Sant’Elpidio rappresenta
un caso particolare perché a cavallo sul confine tra il Comune che lo ospita e
quello di Civitanova Marche.
Leggo oggi
sul Corriere Adriatico della soddisfazione del Sindaco Franchellucci per l’apertura
di un nuovo punto vendita all’interno del centro commerciale e mi domando il perché
di questa soddisfazione. Qual è il vantaggio per la città, a parte l’introito
fiscale che deriva dalle attività all’interno dell’Auchan? Il centro di Porto
Sant’Elpidio, come quello di Civitanova, di Macerata, di Fermo, e di tutti i
piccoli centri dell’entroterra che gravitano attorno a queste città servite da
grandi centri commerciali hanno ripercussioni negative dalla presenza degli
stessi. La gente si affolla in questi enormi capannoni, specie durante il fine
settimana, e così la vita in città si spegne, i centri muoiono, il commercio
sparisce.
Le
conseguenze sono economiche, evidentemente, ma anche sociali. I centri
svuotati, privi di attività, perdono valore, gli immobili si svalutano. La vita
sociale e culturale dei nostri paesi soccombe davanti alle sfavillanti luci dei
centri commerciali. Così si genera degrado urbano. Così si uccide il senso di
comunità. I cittadini imbambolati nei grandi corridoi illuminati, storditi da
luci e musiche il filodiffusione, passano il tempo libero in un limbo astratto
e, intanto, il centro si spegne.
È una
politica dissennata o c’è una strategia? Non so dirlo con certezza ma il
fenomeno e diffusissimo e non registro inversioni di tendenza. I Comuni fanno
cassa autorizzando la costruzione e l’apertura di queste mostruosità e sembrano
non rendersi conto delle conseguenze funeste nel lungo periodo per le città che
amministrano. Forse è troppo tardi per iniziare una politica inversa, che
contrasti la proliferazione di questo fenomeno.
Ma una soluzione, più blanda, forse c’è e passa attraverso le chiusure
domenicali dei centri commerciali, ridando vita ai centri storici e, diciamolo,
anche ai dipendenti dei tanti negozi chiusi in quegli scatoloni, dipendenti i
cui diritti sindacali sono bellamente ignorati da tutti, sindacati compresi. Ma chissà se gli amministratori pubblici se ne
rendono conto.
Luca
Craia
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