Peccato. Un’occasione
d’oro buttata via dalla solita politicuccia italiana, fatta di amici di amici,
di tumicapisci, di telefonate e ammiccamenti. Sì, perché è questo che ha fatto
scegliere Palermo come capitale della cultura, preferendola alla bella ma poso
sponsorizzata Recanati. È il trionfo del potere dei grandi politici e dei
grandi territori, dei grandi numeri e dei grandi interessi. È anche il trionfo
della mediocrità italiana. Per carità, Palermo come città merita il titolo
fuori da ogni dubbio. Ma una Nazione che, in un momento come questo, non
riconosce l’opportunità di nominare una città simbolo di un territorio ferito
dagli eventi recenti è una Nazione che non si cura di se stessa, che non
capisce che il piede ferito va curato anche se è lontano dalla testa.
Un’occasione
persa per sostenere un territorio in difficoltà, una difficoltà legata alla natura
che ha infierito e continua a infierire ma anche a una politica incapace e
inetta, quella nazionale, cieca e lontana e quella locale. Ed è anche la
dimostrazione lampante di quanto poco peso politico abbia la nostra Regione e
chi la rappresenta. Recanati politicamente poteva competere co difficoltà con
la forte Palermo di Leoluca Orlando, ma la Regione poteva pesare di più.
Evidentemente, parlando di peso, le Marche si confermano Regione estremamente
leggera, ma lo sospettavamo.
Peccato.
Però c’è un fatto positivo: si è palesata l’inutilità di profondere sforzi in
queste iniziative che nulla hanno a che vedere con qualità dell’offerta, logica
e utilità per il Paese. Sono iniziative di facciata, sterili, e parteciparvi è
uno spreco di risorse. La stessa reazione del Ministro, un Franceschini
dichiaratamente sorpreso per la resistenza di Recanati fino all’ultimo,
testimonia come in certe decisioni non ci sia spazio per l’imponderabile, per
la sorpresa dei film a lieto fine. Pazienza. Faremo da soli.
Luca
Craia
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