È incomprensibile
la scelta di installare una mostra con i capolavori d’arte recuperati dagli
edifici danneggiati dal sisma, e intitolarla “Capolavori Sibillini”,
rimarcandone la provenienza e la netta connotazione geografica, e darne sede in
un luogo così lontano, sia geograficamente che strutturalmente come Osimo. Le
Marche sono per definizione una regione plurale, e la Marca Anconetana, a cui
Osimo appartiene, non ha contatti culturali ed economici con la Marca Picena,
quella dove i Sibillini insistono e luogo di provenienza delle opere esposte.
Quale sia il motivi della scelta di Osimo come sede della mostra appare oscuro,
a meno che non si voglia pensare male.
La logica
avrebbe voluto che una mostra così bella e importante avesse la sua ubicazione
in seno al territorio di cui parla, di cui racconta l’anima e la storia. Se è
vero che, nelle città colpite direttamente dal terremoto, mancano forse spazi
agibili che possano essere adatti ad ospitare l’iniziativa, nel territorio
complessivo sedi idonee e opportune non mancano, basti pensare a Macerata,
tanto per fare un esempio.
Allestire la
mostra nel Piceno sarebbe stato logico e opportuno. Anche perché questo
territorio e la sua economa legata al turismo culturale hanno bisogno di
ripartire, di un colpo di volano, di iniziative che diano la spinta verso il
riavvio di un settore che ha risentito enormemente delle conseguenze del
terremoto. Era un’occasione da cogliere, un punto di partenza, una prova di
conoscenza del territorio e delle sue necessità e prerogative. Si è dimostrato
il contrario, ancora una volta segnando una classe dirigente lontanissima dalla
realtà.
Luca
Craia
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