Mi ha fatto
trasalire, ieri, ascoltando non so quale telegiornale, la rettifica pronunciata
dalla conduttrice. La giornalista, se così possiamo chiamarla, chiedeva scusa a
non so quale sito di gioco d’azzardo online perché erroneamente, parlando di
mafia e macchinette mangiasoldi, il telegiornale aveva messo delle immagini
riconducibili al sito in questione che, invece, sarebbe legalmente autorizzato
dallo Stato e, quindi, degno della massima stima. A momenti casco dalla sedia.
“Legalmente
autorizzato dallo Stato”, quello stesso Stato che riconosce la ludopatia come
patologia, quello stesso Stato che poi deve correre ai ripari, pagando
ingentissimi costi sociali, per i danni compiuti da macchinette e gioco online.
Quello stesso Stato, poi, è sempre quello che fa la pubblicità alle lotterie,
al Lotto, che lucra sui gratta e vinci e sulle tante forme di scommessa che ci
sono in giro. Io non capisco: è come un padre che avvelena i figli, è come un
floricoltore che butta il diserbante sui suoi fiori.
È un
atteggiamento autolesionista e non trovo alcuna motivazione logica per
giustificarlo. E allora tocca pensare male, come sempre, e pensare che ci sia
qualcosa dietro, qualche interesse opaco, qualche traffico illecito. Chi ci
guadagna col gioco d’azzardo? Lo Stato? Non credo, a conti fatti credo che alla
fine spenda di più per riparare i danni di quello che incassa mentre li fa.
Allora chi c’è dietro? Il servizio del telegiornale incriminato parlava di
gioco illegale e mafia. E se ci fosse la mafia pure dietro quello legale?
Magari una mafia diversa, una con un altro nome, ma pericolosa e letale come la
prima se non di più?
Luca
Craia
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