Ho trovato
strano che l’associazione Santa Croce, sodalizio culturale di grande spessore
che è riuscito nell’impari compito di spingere nella direzione di ultimare il
restauro e rendere fruibile quel bene assoluto che è la Basilica Imperiale di
Santa Croce al Chienti, in territorio elpidiense, non organizzasse più
manifestazioni nell’ambito dell’antica chiesa. Mi è sembrato strano conoscendo
l’amore e l’impegno, la conoscenza e la passione dei soci nei confronti del
tempio e della sua storia, anche alla luce delle tante iniziative intraprese in
tempi recenti, dopo la sua riapertura al pubblico, per promuoverla e farla
conoscere. Così, incontrandone per caso il Presidente, ho chiesto lumi. La
risposta è stata lapalissiana: il compito dell’associazione nei confronti della
Basilica è stato svolto, ora tocca alla Soprintendenza e alla proprietà trovare
la formula per renderla fruibile. Una risposta che va compresa.
Per
comprenderla mi sono avvalso di alcune notizie che mi sono giunte per altre
vie, che vorrebbero la richiesta della proprietà (ricordiamo che il bene è
parte di una proprietà privata, per quanto restaurato con soldi pubblici) nei
confronti dell’Associazione di un pagamento per l’utilizzo della struttura per
iniziative di carattere culturale e totalmente gratuite per il pubblico. A
questo punto il sospetto è che l’Associazione Santa Croce, giustamente, non
intenda pagare oboli alla proprietà, quanto meno quando le iniziative non siano
lucrative, per l’utilizzo di un bene che è stato oggetto di un grande restauro
finanziato con denaro pubblico. È un sospetto, intendiamoci, ma è plausibile,
anche perché, come dicevo, da tempo i cancelli di Santa Croce sono chiusi.
Soldi
pubblici, tanti, sono quelli che sono stati utilizzati dalla proprietà per il
restauro. È un problema che ci siamo posti anche in passato, ma poi il bene è
stato aperto e reso fruibile. Ora, però, è chiuso da mesi. Che futuro avrà
Santa Croce? Credo sia indiscutibile che un bene recuperato con soldi pubblici,
per quanto privato, debba essere nella disponibilità del pubblico. Ovvio che
bisogna trovare la formula. Quella messa in campo dall’Associazione Santa Croce
funzionava: eventi gratuiti, nessun impegno per la proprietà se non quello di
aprire e chiudere, nessuno che spendeva e nessuno che guadagnava, ferma restando
la possibilità per la proprietà di inserire nel contesto qualche tipo di
attività commerciale che potesse essere remunerativa. Ma qualcosa deve non aver
funzionato, che sia vera la storia della richiesta di soldi o no.
Comunque una
formula va trovata, perché Santa Croce non può e non deve rimanere chiusa e
impossibile da visitare. Il Comune di Sant’Elpidio a Mare sembra non
interessato, non lo è mai stato se non nel periodo in cui ci lavorava l’Associazione,
ma più per una questione di politicuccia locale che conosciamo anche troppo
bene. Ma anche le istituzioni debbono fare la loro parte.
Guai a
dimenticare Santa Croce. Guai a lasciarla chiusa. Credo che la formula messa in
campo dall’Associazione Santa Croce fosse la migliore e andrebbe recuperata, ma
è possibile anche trovarne altre, purchè il bene venga tenuto disponibile. Il
turismo culturale marchigiano non può farne a meno.
Luca
Craia
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