Non sono un
terremotato. Fortunatamente per me vivo abbastanza lontano dalle zone più
colpite dal sisma da averlo vissuto senza aver subito danni diretti. Amo la mia
terra, soffro nel vederla ferita, sento molti dei luoghi massacrati dalla furia
della natura come se fossero la mia seconda casa, ma ho un punto di vista
comunque distaccato, di chi non è coinvolto direttamente. Forse
questo può darmi un minimo di obiettività in più, sempre che l’obiettività
possa esistere quando l’emozione è così forte e la rabbia sale. Forse questo
può dare al mio punto di vista un’angolazione differente rispetto a chi ha mani
e scarpe sporche del fango e della polvere delle rovine, a chi si sta spaccando
quotidianamente la schiena per riportare – cercare di riportare – le cose alla
normalità.
Per questo,
frequentando numerosi luoghi virtuali di discussione tra persone coinvolte in
maniera diretta, non posso non notare come si stia passando dall’unione di
animi e intenti del primo momento, probabilmente spinta dall’emergenza e dall’emotività
a essa legata, al ritorno delle divisioni che sono naturalmente insite in ogni
comunità cittadina. È logico e naturale che in un paese, in una comunità, vi
siano differenti punti di vista anche distanti, così come è logico che ognuno
cerchi di difendere il proprio, reputandolo migliore. Ma occorre stare attenti, perché
la normale dialettica politica, in questa fase, potrebbe rivelarsi insidiosa.
La
discussione, il dibattito anche acceso, è sempre un fatto positivo quando è
evidente la costruttività dell’intento. Ma sappiamo bene che la politica è tesa
al bene della collettività solo in un mondo ideale, mentre nel nostro mondo,
che tutto è meno che ideale, spesso ci sono interessi ben diversi da quello
comune. Quello che noto, purtroppo, in certi scambi di opinioni nelle piazze
virtuali del social network, è che stanno tornando gli interessi politici, stavolta
intendendo la politica nell’accezione negativa del termine. Userei
preferibilmente il termine partitico, se non altro per semplificare.
Attenzione, perché
in questa fase non ci dovrebbe essere spazio per chi tira l’acqua al proprio
mulino, non ci dovrebbe essere spazio per la ricerca di consenso o per ridurre
il consenso altrui. Se nel dibattito politico, in una situazione di normalità,
il gioco delle parti prevede anche atteggiamenti demolitivi verso l’avversario,
ora bisogna alzare il tiro e puntare a obiettivi molto più alti. Soprattutto
bisogna pensare al bene comune, a null’altro che a quello.
Perché il
nemico non è più quello della parte avversa, ora il nemico è altrove. Si chiama
pressappochismo, inadeguatezza, incompetenza. Si chiama disonestà. Tutto questo
non è nelle città terremotate, è altrove, più lontano, più in alto. Nelle città
terremotate c’è solo chi lavora, magari a volte sbagliando, magari prendendo
scelte che non sono le migliori. Serve dialettica, serve dibattere, ma non
serve il tranello politico o l’ostracismo di partito. Tutto questo va lasciato eventualmente
per dopo, quando le cose torneranno normali. Ora bisogna farcele tornare,
lavorando insieme.
Luca
Craia
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