Tra i vari
giorni della memoria e del ricordo ne manca uno. Manca un giorno che non è meno
importante degli altri, anzi. Manca un giorno che, per noi Italiani, è forse il
punto più basso della nostra storia recente, un punto talmente basso che forse
proprio per questo motivo tendiamo a dimenticare, a non celebrare. Invece
dovremmo tenerlo bene a mente, per non sbagliare in futuro. È un giorno, il 24
marzo 1944, in cui 335 Italiani, ripeto, TRECENTOTRENTACINQUE ITALIANI, civili,
innocenti, furono trucidati, massacrati, macellati come bestie dalla barbarie
umana, dalla disumanità che si nasconde nella bestia-uomo e che non c’entra
niente con la guerra, è solo scatenata dalla guerra, ma è lì, sempre pronta a
venire fuori. E furono massacrati anche perché altri Italiani, nel condurre la
loro guerra, non si sono fatti scrupolo di rischiare le vite altrui, consapevoli
delle conseguenze del loro gesto.
Trecentotrentacinque
civili innocenti uccisi per vendetta da soldati che eseguivano un ordine,
forse, ma con compiacimento, come gli atti processuali hanno dimostrato.
Trecentotrentacinque Italiani uccisi perché altri Italiani avevano ucciso, non
in un’azione di guerra, ma in un attentato, consapevoli che, dopo quell’attentato,
ci sarebbero stati innocenti a pagare per il loro gesto. È davvero la pagina
più brutta della nostra storia recente.
Fosse
Ardeatine, le dobbiamo scolpire nei nostri cuori, queste due parole. Le
dobbiamo imprimere a fuoco nelle nostre menti. E invece le dimentichiamo. Sì,
domani ci sarà la solita paratina di rito, magari il Presidente della
Repubblica dirà un paio di ovvietà, squillerà una tromba che suona il “Silenzio”,
e poi via, possiamo riporre questa vergogna nel cassetto. Una vergogna per chi
ha nostalgia del fascismo e una vergogna per chi non distingue, nella lotta
partigiana, il bene dal male. Ci vergogniamo di quei trecentotrentacinque
Italiani morti a causa di altri Italiani.
Non ci
saranno convegni in ogni paese, non ci saranno incontri culturali sul tema in
ogni sala consiliare o biblioteca. Non andranno in giro per l’Italia
intellettuali e filosofi a trattare il tema. Faremo passare velocemente la
ricorrenza senza sbandierarla troppo se, soprattutto, senza farci troppe
domande. Perché la storia a quello serve: a farci fare domande, a noi stesse a
chi ha delle responsabilità sociali e politiche. E in questo caso le domande
fanno ancora troppo male. Meglio avere poca memoria.
Luca
Craia
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