Non vorrei essere nei panni degli Amministratori delle città
terremotate, particolarmente quelli delle Marche. Debbono essere panni ben
stretti, scomodi, nella loro posizione schiacciata tra i doveri istituzionali e
le richieste degli amministrati, tra il dover mantenere i rapporti con le
cariche superiori e la necessità di dialogare coi cittadini. È una posizione
scomodissima, una sedia di chiodi, soprattutto perché la voce dei cittadini si
fa sempre più forte, una voce che grida al tradimento dello Stato, che denuncia
l’abbandono nei loro confronti, che sospetta disegni meschini.
Il Sindaco di un paese terremotato è costretto a scegliere. Ha
davanti la possibilità di stracciare virtualmente la fascia tricolore e unirsi
al coro della legittima protesta dei cittadini, o proseguire nella mediazione
cercando di ottenere quanto è di diritto ma che, al momento e da troppo tempo,
viene negato. È complicato, anche perché le Istituzioni centrali e quelle
regionali si sono fin qui dimostrate ottuse e vendicative, e trovare la quadra
tra i rapporti con le stesse e le istanze dei cittadini è cosa ardua, si
rischia di incorrere in conseguenze che esuberano dalle competenze
istituzionali. Nel contempo, però, non si può prescindere dal rapporto
istituzionale, pena perdere l’ultimo canale di comunicazione con chi ha il
potere decisionale. La conseguenza, però, è l’erosione del consenso e della
credibilità nei confronti dei cittadini. No, davvero non vorrei essere nei loro
panni.
Luca
Craia
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