Non c’erano fanfare a Visso
oggi. Non c’erano Presidenti, Assessori, Ministri, Sottosegretari o Commissari
con le forbici in mano, quelle forbici che, a furia di tagliare nastri, hanno
ormai il filo consumato. Non c’erano le televisioni di regime o i poeti della
fotografia a servizio del potere. Non c’erano bambini con le bandierine e le
guance predisposte al buffetto istituzionale, le nonne benedicenti, le maestre
plaudenti.
A Visso oggi c’era solo una città che vuole continuare a guardare al
proprio futuro, e lo vuole fare con concretezza, con determinazione, senza
strumentalizzazioni. Una scelta forte, controcorrente, quella degli
amministratori vissani, di consegnare le prime SAE, le tanto sospirate casette,
senza clamori, senza cerimonie e, soprattutto, senza i sorrisi melensi e
ipocriti di chi è responsabile di questa ignobile situazione ma è sempre pronto
ad attaccarsi la medaglia di turno. A Visso, evidentemente, le medaglie non le
regalano.
Però oggi si è scritta una
pagina importante della storia della Perla dei Sibillini, una pagina che dovrà
essere il prologo per tanti nuovi capitoli, l’inizio di una nuova epoca per
questo paese capitale dell’Alto Nera. Le casette, con tutti i distinguo, i
difetti di fabbricazione, i problemi che ci sono stati e che sicuramente ci
saranno, sono il primo passo per ritornare a far vivere la comunità cittadina.
Gente che torna a casa, anche se la casa è prefabbricata, malfatta, provvisoria
e precaria. Gente che torna a vivere un’esistenza degna di essere chiamata
tale, gente che esce dall’incubo di vivere in una roulotte o a centinaia di
chilometri dalla propria terra, dalle proprie radici.
È apprezzabile la sobrietà
con cui si è andati avanti. Perché, a pensarci bene, non c’è davvero niente da
festeggiare. C’è da essere lieti, quello sì, ma non si celebra nulla. Si guarda
avanti, si pensa al futuro, si pianifica la nuova Visso partendo da solide
basi, quelle della Visso millenaria. E lo si fa frugalmente, quella frugalità
che è tipica degli uomini delle nostre montagne. Bravi. Un piccolo passo
avanti, ma si va avanti e ci si vuole andare.
Luca Craia
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