Non serviva certo lo studio della
Banca d’Italia per capire che c’è qualcosa che non va nell’economia
marchigiana, ma serve a rendere manifesto quello che già era evidente da tempo:
una delle regioni più ricche e produttive d’Italia, modello di distretto
produttivo efficace per anni, ora mostra gravi segni di difficoltà. Ma è una
difficoltà antica, con radici lontane, aggravata ma non generata dalla crisi
degli ultimi anni e dal terremoto.
Il modello produttivo marchigiano
segnava il passo già da tempo e il sistema dei distretti, una volta efficace e
preso a esempio nel mondo, non funziona più da diversi anni non riuscendo a
tenere il passo con la globalizzazione dei mercati e la concorrenza straniera,
anche quella in patria. L’impatto con la crisi mondiale è stato quindi
devastante perché è andato a colpire settori già in serie difficoltà. Il
terremoto ha fatto certamente la sua parte, ma qui il danno è circoscritto alle
aziende manifatturiere del cratere, mentre si manifesta a livello regionale su
altri settori come quello del turismo.
Le ragioni della crisi dei distretti
risiedono in diversi fattori e passano dalla scarsa lungimiranza politica, alla
mancanza di investimenti in infrastrutture per arrivare a una certa scarsa
preparazione del mondo della piccola imprenditoria, da sempre incapace di
abbandonare il proprio orticello per unire le forze affrontando insieme le
difficoltà. È questo forse il limite dell’imprenditore marchigiano: un retaggio
bucolico che difende il confine del proprio campo non riuscendo a capire che,
in alcuni casi, i campi vanno uniti per avere più forza e peso.
È quindi necessario, ora più che mai, prendere tutte
le misure adatte a invertire la tendenza e a mettersi in pari col resto
d’Italia che sta cominciando a dare segni di lenta ripresa. Servono
investimenti, infrastrutture, serve dare maggiore preparazione a chi gestisce
le aziende, ma servono anche misure urgenti per difendere il prodotto
marchigiano, sostegni economici per superare il momento di estrema difficoltà,
input per prepararsi a un mercato sempre più competitivo. Tutto questo viene
chiesto a gran voce e da tempo dalle associazioni di categoria ma finora non ci
sono stati riscontri concreti, eccetto qualche iniziativa spot, più di facciata
che altro.
Luca Craia
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