Poniamo il caso che io sia un giovane in cerca di
lavoro. Poniamo il caso che mi interessi entrare nel mondo della calzatura. Poniamo
sempre il caso che voglia fare, che so, il tagliatore, ma che non lo sappia
fare. Chi me lo insegnerebbe? E magari gratis? Nessuno. A Servigliano, invece,
insegnano l’antica arte del taglio della pelle per calzature e lo fanno pure
gratis. C’è un corso, organizzato dal Gus, Gruppo di Umana Solidarietà, i cui
destinatari sono quattro richiedenti asilo.
È un bel progetto che meriterebbe un plauso, se
fossimo in tempi normali, quei tempi che abbiamo conosciuto e ricordiamo con nostalgia.
Ma quei tempi sono finiti, il lavoro non c’è o ce n’è pochissimo e ci sono
tantissimi italiani che lo hanno perso, che cercano di riconvertirsi per
trovarne uno nuovo e che non vengono aiutati da nessuno. Ci sono tantissimi
giovani in cerca di un lavoro che non c’è, costretti a lavorare per meno di un
tozzo di pane con contratti capestro che sfiorano lo schiavismo. Non credo
possiamo permetterci di formare i rifugiati, mi dispiace.
Non è il momento. Credo che dovremmo occuparci prima
dei nostri ragazzi, che non hanno un futuro, e dei nostri cinquantenni
disoccupati, che non sanno come arrivare all’età della pensione. Perché un
padre prima nutre i propri figli e poi aiuta gli altri, se ci avanza. Ma in questo
momento non mi sembra avanzi proprio nulla.
Luca Craia
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