È nel nostro DNA la smania di
edificare, di costruire palazzoni mostruosi, edifici abnormi che massacrano il
bene più prezioso del nostro Paese, il paesaggio, che sono irrazionali da un
punto di vista commerciale, che diventano per loro stessa natura un problema
che si va a riflettere sull’intera collettività. La crisi economica ha fermato
quest’ansia di costruire orrori, ma fa parte del nostro essere italiani, così
come fa parte del nostro essere italiani la soluzione ai problemi affidata all’esborso
di denaro pubblico.
Palazzoni come l’Hotel House
di Porto Recanati ce ne sono a bizzeffe, quasi in ogni comune, e quasi
dappertutto rappresentano un problema sociale quando non di ordine pubblico.
Diventano ghetti, si riempiono di personaggi a dir poco loschi, diventano base
per traffici illeciti, spesso sono talmente pericolosi che le stesse forze dell’ordine
fanno fatica a intervenire al loro interno, a testimonianza che, qualche
problema con l’immigrazione straniera ed extracomunitaria ce l’abbiamo eccome.
La soluzione che è stata prospettata
dalla Regione Marche, quella stessa Regione che non paga il CAS ai terremotati
da mesi, tanto per fare un esempio, è di aggiungere ulteriori 100.000 Euro al
computo complessivo di esborsi pubblici per poter sanare l’insanabile, ossia i
problemi strutturali, di sicurezza e di semplice vivere quotidiano che esistono
nell’ecomostro portorecanatese. I condomini non pagano la corrente, non pagano
le utenze e ora, che c’è un’ordinanza di messa in sicurezza da parte del Comune
per la violazione delle norme antincendio, arriva la Regione che tira fuori
100.000 Euro di soldi nostri, e ripeto, soldi nostri, e paga.
Paga per qualcosa che sarà
probabilmente inefficiente a breve, visto che le manutenzioni poi non si
faranno così come non si pagano le bollette, visto che i condomini non hanno
interesse alcuno a tenere in ordine il loro condominio. Ma paghiamo noi, che
importa. Sì, secondo la Regione i soldi, poi, dovranno essere restituiti.
Immaginiamo facilmente con quale puntualità.
Però si parla di
integrazione, si parla di ius soli, come se i fatti non contraddicano questa
smania di far diventare cittadini italiani coloro che dimostrano di non volerlo
diventare. Perché questa non è integrazione, questa non è volontà di diventare
italiani, di diventare parte della nostra società. Ma allora perché continuiamo
a buttare via denaro pubblico? Perché gli sforzi politici di chi governa sono
diretti a far diventare cittadini coloro che non desiderano esserlo? Perché,
invece, non si parla di come rivedere il sistema di accoglienza, di come
razionalizzare e gestire il flusso non dei profughi, attenzione, ma dei
migranti economici, che sono ben altra cosa? Chiediamolo ai candidati alle
prossime elezioni, vediamo cosa ci rispondono.
Luca Craia
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