Stupiscono le
giustificazioni della Consigliere Regionale Jessica Marcozzi di fronte alle
notizie che la vorrebbero indagata per bancarotta fraudolenta. Stupiscono
perché appare molto strano che la Marcozzi possa dichiararsi “estranea ai
fatti” riguardanti il fallimento dichiarato dal Tribunale di Fermo con sentenza
del 3/2/2016 dell’azienda calzaturiera “Jessica srl” che porta il suo nome.
È
incontrovertibile, che la Marcozzi fosse socia dell’azienda Jessica srl.
È
incontrovertibile che la stessa sia fallita.
È
incontrovertibile che vedendo l’azienda in difficoltà abbia ceduto le quote di
sua proprietà alla madre.
È
incontrovertibile che la stessa di professione commercialista curasse i
rapporti con le banche e la contabilità, avrebbe dovuto conoscere le dinamiche
in corso e quello a cui avrebbero portato. Del resto è anche vero che alcune
proprietà del padre sono state cedute direttamente al marito della Marcozzi, il
che lascia supporre che la stessa avesse coscienza del destino della Jessica
srl.
Del resto, se
la Procura di Fermo, notoriamente poco incline ad azioni eclatanti e clamorose,
ha avviato un procedimento penale nei suoi confronti, c’è ragione di credere che
ci siano atti fondati su cui basare l’azione. In ogni caso non possiamo sapere
oggi circa il grado di coinvolgimento e di responsabilità del Consigliere
Regionale, in quanto questo verrà stabilito dall’iter delle indagini.
Fatto sta
che, sapendo comunque che l’azienda di cui era socia stava fallendo, per una
questione di opportunità politica e morale, sarebbe stato auspicabile che la
Marcozzi avesse evitato la sua candidatura politica alle ultime elezioni,
liberando almeno il Partito che rappresenta in seno al Consiglio Regionale
dell’immancabile quanto immeritato danno di immagine che consegue a queste
vicende. Qualora invece fosse davvero all’oscuro di tutto, pur essendo
pienamente coinvolta nelle dinamiche dell’azienda fallita, dubitare sulle sue
capacità di amministratore, sia privato che pubblico, sarebbe legittimo.
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