Meglio tardi che mai, verrebbe
da dire, anche se forse è davvero troppo tardi per intervenire in maniera
efficace sulla crisi che attanaglia l’industria calzaturiera italiana e, nella
fattispecie, quello che è il distretto più importante d’Italia, cioè quello
marchigiano. Dichiarare oggi lo stato di crisi, dopo anni di allarmi, di grida
di aiuto, di promesse mai mantenute, sembra quasi come chiudere le porte coi
buoi che se ne vanno allegramente a spasso per il pascolo. Fatto, poi, da un
governo regionale che rappresenta lo stesso partito che ha aggravato
enormemente i già gravi problemi del comparto sottoscrivendo le sanzioni alla
Russia, sanzioni politicamente inspiegabili ed economicamente autolesioniste,
pare schizofrenia pura. Ma guardiamo il lato positivo: l’area di crisi
complessa potrebbe portare grande beneficio alle poche imprese rimaste sane, e
speriamo bene.
Ma speriamo anche che la
politica cambi testa. Speriamo di non sentire mai più ragionamenti come quelli
ascoltati nel corso del famigerato Consiglio Comunale anticrisi di Montegranaro,
dove l’onorevole Petrini, in quota PD, ha tranquillamente affermato che la
crisi è colpa dell’inadeguatezza dell’imprenditoria marchigiana, e non delle
stupidaggini politiche dei governi che si sono susseguiti negli anni per
concludersi con quello del suo capo, Renzi. E speriamo anche di non dover vedere
come soluzioni, prospettate sempre nello stesso consiglio comunale aperto dall’assessore
regionale Cesetti, piogge estemporanee di fondi magari tranquillamente
sottratti a situazioni ancor più gravi come, per esempio, il terremoto.
Se faranno l’area di crisi
sarà comunque un bene, poi ci sarà da usufruirne e qui, vista la caratura politica
dei nostri amministratori e governanti, qualche preoccupazione ancora resta.
Luca Craia
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