La storia di Azizi, raccontata oggi dall’ANSA (leggi l'articolo)
è una storia molto semplice e, come quasi tutte le storie semplici, diventa
complessa e toccante. È la storia di un uomo che arriva in Italia dalla
Macedonia nel 1991 e si stabilisce a Castelluccio di Norcia. Lavora e si
inserisce nella piccola comunità per poi, sei anni fa, prendere in gestione il
ristorante Sibilla, locale noto ai frequentatori di questo gioiellino dei
Sibillini, locale che, come buona parte di Castelluccio, non c’è più perché spazzato
via dal terremoto del 2016. Azizi è sfollato a Belforte del Chienti, ma
continua ad andare nella “sua” Castelluccio diverse volte a settimana,
nonostante arrivarci sia complicatissimo. Va in macchina fino a Gualdo per poi
proseguire a piedi fino al paesino che domina l’omonimo altopiano. Lo fa perché
non vuole perdere il contatto, perché lì ha le sue cose, perché quella ormai è
casa sua e non ne vuole altre.
Ad Azizi hanno assegnato una SAE, ma solo sulla carta,
perché a Castelluccio di SAE non c’è nemmeno l’ombra. Così il nostro amico
macedone ogni tanto si porta la tenda e dorme nel sacco a pelo. La scorsa notte
è anche nevicato, ma lui afferma di tollerare bene il freddo.
È una storia semplice, commovente. A me commuove l’amore
che quest’uomo di quarantun anni prova per un paesino che è diventato la sua
terra, che lo ha accolto e assorbito nel suo tessuto sociale. Commuove l’attaccamento
e la voglia quasi disperata di avere ancora un futuro lì. E la commozione si
trasforma in rabbia, perché per Castelluccio, a parte qualche proclamo, qualche
stupidaggine detta qua e là, qualche promessa, qualche fantomatico progetto che
è servito solo a qualcuno per polemizzare, non è stato fatto nulla, ma proprio
nulla. E siamo a un anno e mezzo dal terremoto, un anno e mezzo di tribolazioni
per gli agricoltori, un anno e mezzo di turismo perso, un anno e mezzo che sembra
un secolo per un’economia che vuole ripartire ma che la burocrazia e chissà
quale disegno politico imperscrutabile non vogliono rilanciare.
Vorrei che l’Italia intera provi a mettersi sotto la
tenda di Azizi per una notte, anche in maniera virtuale, per far capire agli
Italiani che non ci stanno raccontando la verità, che la ricostruzione per ora
è solo una parola con un significato che sfugge, che fino a oggi abbiamo visto
solo un sacco di nastri tagliati ma nulla di concreto. Fa freddo a Castelluccio
in questi giorni. Vorrei che questo freddo arrivi a tutti, mentre guardano quei
rassicuranti telegiornali nazionali che dicono che sta andando tutto bene. Non
sta andando affatto tutto bene.
Luca Craia
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