Quello che è successo sabato
scorso a Macerata mi ha profondamente turbato, sia perché vi era coinvolta mia
figlia, rimasta bloccata a scuola a causa delle sparatorie ma passata, di
rientro da un’attività in teatro, a pochi metri da via dei Velini quasi nello
stesso istante in cui il decerebrato con la pistola agiva, sia perché Macerata
è anche la mia città: ci sono nato, ho vissuto lì gli anni più lieti, quelli
della giovinezza, alcuni dei miei migliori amici sono di Macerata e quando mia
figlia ha scelto Macerata per i suoi studi non ho potuto che esserne felice,
conoscendo la città, i suoi abitanti, i valori che vi si sono sempre
riconosciuti. Sabato tutto questo mi è crollato addosso, insieme alla paura per
mia figlia. E questo mi ha fatto molto arrabbiare.
Sono arrabbiato con gli
estremi, con coloro che non si rendono conto che abbiamo un problema serio e
pericolosissimo e che dobbiamo risolverlo non con la demagogia ma con il
pragmatismo e la razionalità. Sono arrabbiato con chi non riconosce nell’immigrazione
incontrollata e nelle politiche attuate finora la causa di tanti problemi di
ordine sociale, di criminalità, dell’aumento vertiginoso della pericolosità
delle nostre città. Sono arrabbiato con chi non ragiona, ma va avanti per
slogan, per assunti ideologici, magari ben protetto nella propria casa senza la
consapevolezza che oggi la criminalità, almeno quella a basso livello, quella
che rende invivibili interi quartieri, è in mano agli stranieri.
Ma sono arrabbiato anche con
chi urla odio e intolleranza, con chi fomenta pericolosi idioti come quello di
Macerata, contro chi, nonostante l’orrore accaduto sabato, continua a difendere
atti ignobili e inqualificabili come quello. Sono arrabbiato con chi strumentalizza
il disagio dei cittadini per il proprio tornaconto elettorale, con chi non
prova ribrezzo per la violenza, con chi irresponsabilmente rischia di portare
il Paese allo scontro ideologico.
A Macerata, in pochi giorni,
abbiamo avuto la dimostrazione che il male non è schierato. Il male ha mosso la
mano di un ospite, di uno straniero che passa la vita a delinquere, e l’ha
portato a uccidere una ragazza innocente e fare scempio del suo corpo. Poi il
male ha armato un imbecille e gli ha fatto prendere in ostaggio un’intera
città, minando ogni nostra sicurezza, seminando una paura che non è finita con
il suo arresto.
Mi auguro che non ci siano
comitati antirazzisti per Macerata come ci sono stati per Fermo: Macerata non
lo merita, così come non lo meritava Fermo. Però spero che ci si fermi a
ragionare, che smettano le grida che incitano l’odio e che si plachi l’ansia da
caccia alle streghe, da una parte e dall’altra.
L’Italia ha un problema con l’immigrazione,
negarlo è ottuso, a meno che non si sia in malafede. Per risolverlo bisogna
prenderne coscienza, prima di tutto, per poi ragionare insieme su come trovare
una soluzione. Una soluzione che non può essere drastica, una soluzione che
deve prima di tutto essere umana e rispettosa dei diritti che ogni essere umano
ha. Fermiamoci, tutti, anche noi comuni cittadini armati di tastiera, e
ragioniamo sganciandoci da ogni pregiudizio ideologico e morale. L’Itala ha
bisogno urgente che si intervenga efficacemente su questo problema, perché corriamo
due rischi: quello di veder degenerare la nostra società verso la barbarie, con
città invivibili e criminalità diffusa e incontrollabile, oppure quello di
consegnare il Paese a cerebrolesi come quello armato di pistola che ha
ammazzato la tranquillità e la sicurezza di Macerata. Fermiamoci tutti,
smettiamo tutti, facciamolo per noi stessi e per il nostro futuro.
Luca Craia
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