Lo so che sto per scrivere un’ovvietà,
una cosa che sfiora la banalità, ma spesso dietro l’ovvietà delle cose si nota
la verità, perché spesso la verità è ovvia. Lo hanno detto in molti, ieri e l’altro
ieri, molti di quelli che in questi ultimi mesi si sono occupati di terremoto e
terremotati, lo hanno detto i terremotati stessi, quei terremotati che, per
quanto rassegnati, ancora trovano la forza per indignarsi per il modo in cui lo
Stato prima ma gli stessi Italiani poi li hanno trattati, con la facilità con
cui sono stati dimenticati a favore di altre questioni evidentemente più
remunerative da un punto di visto politico ed elettorale. Quindi lo dico anch’io,
per quanto ovvio e per quanto apparentemente banale.
Non entro nel merito delle
motivazioni che hanno spinto tante persone (15, 20, 30.000 a seconda se a
contare sono gli organizzatori, la questura o i piccioni di Macerata) a sfilare,
sabato scorso, per manifestare la loro contrarietà al fascismo. Ne ho già
parlato e ho già espresso la mia opinione sull’opportunità di questa
iniziativa. La domanda che ci siamo fatti in tanti, banale ma vera, è questa: dov’erano
questi difensori dei più deboli quando si manifestava per i diritti calpestati
dei terremotati? Per carità, ognuno ha le sue sensibilità e le proprie
priorità, ma se tanta energia fosse stata profusa anche per dimostrare solidarietà
e vicinanza alle persone sbattute fuori casa dal terremoto per poi vedere la
propria dignità calpestata dallo stesso Stato che avrebbe dovuto sostenerli e
prendersi cura di loro, proprio in base a quella costituzione che sabato, a
Macerata, si voleva difendere.
Eppure sabato hanno sfilato
sigle sindacali che dovrebbero tutelare i più deboli e, dopo il terremoto, si
fa fatica a pensare a persone più deboli, loro malgrado, di quelle che hanno
perso tutto. C’erano tante persone armate di buone intenzioni, persone che,
però, non si sono mai viste quando c’era da chiedere aiuto e sostegno per
quella parte della provincia di Macerata, ma anche per il resto del cratere,
massacrata dal terremoto e abbandonata dallo Stato.
Per questo mi chiedo: quanta
genuinità c’è dietro l’organizzazione di questi eventi? Quanta spontaneità?
Quanto calcolo? Quanto interesse politico? Quanto tornaconto? I terremotati, si
sa, sono pochi, spostano pochi voti, capisco che sono poco interessanti per il
calcolo politico. Ma i principi? I valori? Quella Costituzione che tanto amiamo
a parole ma che utilizziamo solo e sempre quando e se c’è convenienza? Domande
banali, lo so, qualunquiste, come si usa etichettare tutto oggi. Però una
risposta, anche banale la meriterebbero, credo.
Luca Craia
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