Se mai avessimo avuto bisogno di una conferma al
nostro “sospetto” che il sistema delle SAE, quale soluzione temporanea all’emergenza
sismica, in attesa di una ricostruzione che sembra sempre più lontana, fosse un
errore se non una vera e propria presa per i fondelli, arriva oggi una nuova
ordinanza della Protezione Civile, a firma del capo della stessa, Angelo
Borrelli, con la quale si autorizza l’acquisto di ben 356 appartamenti nelle
Marche da consegnare al posto delle SAE ancora attese, per una spesa
complessiva di 56 milioni di Euro, ossia una media di 157.000 Euro ad
appartamento.
L’ordinanza, per andare al sodo, dichiara in maniera
piuttosto esplicita il fallimento delle SAE come concetto, in quanto ammette,
in un colpo solo, la difficoltà di consegnare le unità abitative provvisorie e,
soprattutto, che il costo delle stesse è troppo alto, in quanto recita, nel
momento in cui autorizza il Comune di Tolentino a costruire ex novo delle
abitazioni (contraddicendo se stessa quando viene motivata con “un minor consumo del suolo”), che lo stesso può costruire
nuovi alloggi “qualora tale soluzione risulti economicamente più vantaggiosa
rispetto alla realizzazione di insediamenti temporanei”. Se la realizzazione di
abitazioni stabili e definitive risulta meno costosa dell’impianto di unità
abitative temporanee, com’è nelle cose, significa che le unità temporanee
costano troppo, e da qui non si scappa. Allora non si capisce perché non si sia
andati direttamente a costruire unità definitive e non temporanee, visto che il
tempo impiegato per la consegna di quest’ultime si è dilatato tanto da rendere
più veloce addirittura l’edificazione di abitazioni definitive che, alla fine,
sarebbero anche costate meno.
L’assegnazione di questi appartamenti acquistati per i
terremotati rimane, comunque, temporanea, in attesa della ricostruzione, se mai
ci sarà. Il vedersi assegnato uno di questi appartamenti, logicamente, fa
decadere il diritto al CAS. Nel momento in cui queste case torneranno di nuovo
libere, esse entreranno a far parte del patrimonio immobiliare dei comuni da
destinarsi ad abitazioni popolari, il che, con la normativa vigente, creerà
probabilmente nuovi ghetti per stranieri. Insomma, nel complesso un totale disastro.
In un anno e mezzo dal primo furioso terremoto si
potevano costruire nuovi edifici nelle aree colpite, senza allontanare le
popolazioni dal loro nucleo originale e senza sperperare denaro pubblico in
casette di legno che dureranno pochi mesi, nella migliore delle ipotesi. Si
poteva anche partire con la ricostruzione diretta e, in questo momento, si starebbe
a buon punto e si sarebbe speso meno, salvaguardando l’integrità comunitaria
delle città colpite.
Si giunge oggi, invece, a questa ordinanza che
sostanzialmente dice “ok, ci siamo sbagliati, ma andiamo avanti lo stesso”.
Luca
Craia
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