“Come vi state preparando all’arrivo del burian?” ho
chiesto a una mia amica dell’Alto Nera. La risposta è stata agghiacciante più
del freddo che verrà: “con la solita rassegnazione dei montanari”. Rassegnazione,
è un brutto termine, se ci pensiamo bene. È una resa, il riconoscimento che,
per quanto ci si possa battere, l’avversario è più forte e non ci si può fare
nulla. Questo, di avversario, è davvero fortissimo: si chiama terremoto, si
chiama freddo, si chiama burian, ma si chiama anche e soprattutto Stato. Uno Stato
che, in un anno e mezzo, non è riuscito a dare risposte a questa gente che
lotta ogni giorno per mantenere viva la propria terra, la propria impresa, la
propria esistenza come era stata da loro progettata, per non farla diventare
qualcosa di diverso, qualcosa di progettato da altri.
I MAPRE sono un disastro. Muffa, freddo, addirittura
sul libretto delle istruzioni dei termoconvettori c’è scritto che potrebbero
bloccarsi con le basse temperature, come se i termoconvettori dovessero
funzionare in estate. Le unità abitative che sono state date in dotazione alle
aziende zootecniche sono ancora peggio delle famigerate SAE. Ma la gente ormai
è rassegnata e dopo quasi due inverni passati al gelo di una roulotte, comunque
si adatta al meno peggio, tra muffe che riaffiorano dopo due giorni che le hai
tolte, umidità, freddo.
Nelle stalle non va meglio: nessuno è più passato a ispezionare
e l’arrivo del freddo siberiano potrebbe innescare situazioni estreme, per le
quali magari ci sarà qualcuno che correrà a piangere sul latte versato ma che
non sta facendo nulla per non versarlo, quel latte. Ma che possono fare i
terremotati, oltre che rassegnarsi? C’è da scegliere tra rassegnazione ed
esasperazione, e nessuna delle due è una scelta positiva.
Ma tutto questo gli Italiani non lo sanno. I
telegiornali trasmettono immagini rassicuranti, il Tg3 Marche continua quotidianamente
a trasmettere interviste a ospiti di SAE molto soddisfatti, mentre quelli non
soddisfatti stanno perdendo anche la voglia di farsi sentire, tanto chi li
ascolta? Intanto, dopo quest’ultimo colpo di coda, anche quest’inverno scorrerà
via, portandosi dietro ancora un po’ di voglia di andare avanti, lasciando sul
campo, sotto la neve che si scioglierà, rassegnazione e deserto. Ricominceranno
i tagli di nastri, le riprese a campo stretto, i sorrisi ammiccanti. E la protesta,
ammutolita dalla rassegnazione, sciamerà nella consapevolezza nulla sarà mai
come prima, che o ci si accontenta di questa nuova realtà o si va a vivere
altrove.
Luca Craia
Nessun commento:
Posta un commento