Il tempo non ha certamente
aiutato a rendere la fiera di San Giuseppe attrattiva per i Montegranaresi: al
mattino è piovuto anche copiosamente e le temperature sono state rigide, tanto
che diversi piazzisti hanno disertato direttamente l’appuntamento lasciando
ampi spazi vuoti lungo il percorso. Nel pomeriggio, però, nonostante le
previsioni meteorologiche, sempre più terroristiche, profetizzavano tempesta,
la pioggia è cessata e si è potuto godere di una mezza giornata di sereno con
temperature miti. Ciononostante, la manifestazione primaverile, tradizione
montegranarese da sempre, ha visto una scarsissima partecipazione di pubblico.
Non credo che questo dipenda
dal clima, non più di tanto. Credo sia l’ennesimo segnale di come i
Montegranaresi vivano sempre meno il loro paese e le occasioni, per quanto
rare, di socializzazione. Eppure un giro per la fiera è sempre stato un’occasione
di incontro, di scambio, un modo per vivere la propria comunità, magari in un
contesto diverso da quello quotidiano. Invece, a quanto pare, si preferisce
spostarsi, andare fuori dal paese che, seppure normalmente non offra grandi
occasioni di svago e, di conseguenza, si contraddistingue per fine settimana
deserti e desolanti, non riesce ad attrarre i propri cittadini neanche quando
qualcosa la offre.
A questo punto credo sia
legittimo chiedersi cosa farne, di questa tradizione. Vale la pena continuare a
proporre la fiera di San Giuseppe oppure è più logico cancellarla
definitivamente dal calendario degli eventi cittadini? Certamente, per continuare
la tradizione, pare evidente che sia necessario ripensare il tutto e creare una
nuova attrattività. In verità ieri era prevista anche la manifestazione
florovivaistica in piazza, poi annullata sempre causa previsioni meteo. Ma non
credo che, si fosse svolta regolarmente, avrebbe cambiato più di tanto la
situazione.
Credo che la questione non
sia tanto rendere appetibile l’evento quanto recuperare il senso di comunità
dei Montegranaresi che, eccetto rarissime eccezioni, sembra ormai morto e sepolto.
Bisogna quindi lavorare nel ricucire un tessuto sociale sempre più impalpabile,
e per farlo è necessario lavorare perché la gente resti a Montegranaro sempre,
tutti i fine settimana, e non solo quando arrivano iniziative saltuarie e
occasionali.
Montegranaro non ha più
nemmeno le sedi adatte per far vivere la comunità cittadina: il centro storico
è morente, compresa la piazza, e la politica recente ha cercato addirittura di
spostare il punto focale dal centro a viale Gramsci, che non potrà mai
diventare la vera piazza del paese sia per la sua connotazione strutturale sia
per evidenti problemi di esposizione alle intemperie che lo rendono invivibile
per lunghi periodi (o troppo caldo o troppo freddo). Non ci sono luoghi di
incontro, persino la chiesa centrale è chiusa da un anno e mezzo. Bisogna
quindi agire per ricreare il paese, partendo proprio da una progettualità urbanistica
che ne ricostruisca il centro vitale nei luoghi storicamente deputati a
esserlo. Ecco quindi la necessità di agire sul centro storico e riportarlo a
essere il fulcro della vita cittadina. Il centro di un paese è il suo cuore e
se il cuore muore, è ovvio che muoia anche tutto il resto.
Luca Craia