Provo una pena inenarrabile
pensando a quel maglioncino bianco con le labbra stampate sopra, a quelle
scarpe da tennis bianche così adolescenziali. Provo un dolore immenso nel
pensare a una quindicenne, piena di sogni e di conflitti interni, con una
voglia grande di entrare in questo mondo dorato in cui la famiglia l’aveva portata,
una quindicenne fiduciosa e piena di vita, una vita forse spezzata troppo preso
per poi insultarne i resti e buttarli in un pozzo. Non ci sono i dati per
essere sicuri di questo, ma soltanto a pensarlo possibile mi prende uno
sconforto infinito, uno sconforto che viene dalla constatazione che ci sono
uomini malvagi, cattivi, e che ce ne sono molti di più di quello che pensiamo.
Il quadro che si sta
delineando durante gli scavi nelle campagne di Porto Recanati è spaventoso: una
sepoltura affrettata, forse multipla, e forse proprio di una ragazzina, una
quindicenne bengalese che credeva di aver trovato in Italia il paradiso. La
ragazzina è scomparsa nel 2010, e non è stata mai ritrovata. Forse è lei, forse
è suo quel femore carbonizzato trovato nell’ossario di Porto Recanati, forse
sono suoi quei piccoli indumenti da adolescente. Le tracce della ragazzina si
sono perse, nel maggio di otto anni fa, dopo che è entrata nell’Hotel House, il
noto palazzone abitato interamente da stranieri che tanto fa parlare di sé e
che è, di fatto, una zona franca dove la legge italiana non riesce ad
affermarsi. L’Hotel House è a pochi metri dal luogo del ritrovamento.
E mi sale la rabbia, lo
confesso, perché pochi giorni fa alcuni residenti in quel palazzo hanno manifestato,
proprio a Porto Recanati, contro gli Italiani, definiti razzisti e fascisti. E
mi fa rabbia ancora di più pensare a questa Regione che, pochi anni fa, era un’isola
di pace, dove non succedeva mai niente, che non andava mai sulle cronache, che
la gente quasi ignorava perché era talmente tranquilla che pareva non esistesse.
Oggi le Marche sono sui giornali nazionali quasi tutti i giorni, e per fatti
gravissimi, come quello che ha visto vittima un’altra giovane vita, a Macerata.
Non voglio andare oltre e
entrare in ragionamenti politici che, in questo momento, non mi interessano. Il
mio è uno sfogo, lo sfogo di una persona che veda la propria terra diventare
teatro di eventi indicibili e poi accusata in maniera infamante. Pensiamo alle
vittime, invece, perché questa situazione fuori controllo fa anche delle
vittime, ragazze innocenti come la povera Camey e la povera Pamela, e chissà
quante altre. E, invece di accusare ingiustificatamente un intero Paese e il
suo Popolo, pensiamo a come uscirne.
Luca Craia
(foto “Il Cittadino di Recanati”)