I social network vogliono il
sangue. L’utente medio di Facebook ha una voglia matta di menare le mani, ma
solo in senso virtuale, sfogando le proprie frustrazioni, ansie, angosce in un
mondo che sembra reale ma non lo è e che gli permette di sentirsi super senza
sporcarsi le mani, con la presunzione di poter resettare tutto nel caso si
sbagli qualcosa. Il problema è che questa sindrome del reset e questa voglia di
violenza verbale, quest’ansia di cercare una vittima da sacrificare alla propria
necessità di sfogarsi, è passata dall’utente singolo a chi fa informazione e la
dovrebbe fare in maniera seria. E allora tutto il gioco diventa pericoloso.
Il Giovedì Santo di quest’anno
ha fornito ai giustizieri del web, ai moralisti sempre pronti a trovare nell’altro
qualcosa da mortificare, un’occasione ghiottissima: fare la morale in genere e
prendersela ancora una volta con la Chiesa, con gli odiati preti che sono tutti
pedofili e che si fregano l’otto per mille. La pochezza del ragionamento di
massa, anche in questo caso, è stata stimolata da notizie date da quotidiani
blasonati e presunti seri, come Il Corriere della Sera o Il Fatto Quotidiano, ma
anche da innumerevoli testate più o meno importanti.
Il fatto, asciutto e senza
fronzoli, è questo: due frati, a Manduria, celebrano i riti del Giovedì Santo,
che prevedono la lavanda dei piedi dei fedeli, in ricordo di quanto fece Gesù
con gli Apostoli. Uno dei due frati concelebranti decide, prima della messa, di
non lavare i piedi ad alcune delle dodici persone predisposte per il rito dall’altro
frate, persone che erano immigrati attivi presso la Caritas parrocchiale. Stop.
La notizia è questa, non ci sono altre informazioni, non c’è la spiegazione
della decisione del frate, c’è solo il resoconto del fatto e della presunta
indignazione dei fedeli che sarebbero saltati per aria accusando, non sul
posto, ovviamente, ma sui social network, a casa, in poltrona, i frati di
razzismo. E l’accusa di razzismo viene ripresa dai giornali che, però, non
pensano affatto di approfondire e di fornire al lettore qualche dato in più per
poter giudicare. Il giudizio è già formulato: si tratta inequivocabilmente di
razzismo. E non c’è appello né altra spiegazione possibile.
Che la massa degli utenti dei
social possa dare sfogo ai peggiori istinti con una notizia del genere mi pare
ormai normale, c’è solo da rassegnarsi. Ma che l’informazione formuli essa
stessa un giudizio senza approfondire, senza andare a chiedere il perché del gesto
dei frati, quali motivazioni ci fossero dietro, credo sia piuttosto grave.
Personalmente non so se si tratti di razzismo o no, non ho dati sufficienti per
formulare un giudizio. Può darsi che lo sia, ma non abbiamo le informazioni necessarie per stabilirlo.
Sarebbe bello che tutti si ponessero la domanda che mi
sono posto io, ossia perché il frate non ha officiato con gli immigrati, prima
di strapparsi le vesti, ma sappiamo che questo non potrà mai accadere, per la
voglia di violenza, per l’ipocrisia imperante, per la necessità assoluta del
capro espiatorio. Ma dalla stampa mi aspetterei maggiore serietà.
Luca Craia