L’Italia è senza Governo da 2
mesi e 3 giorni, da 9 settimane, da 63 giorni. È senza governo e questo è un
bel problema, anche se tanto sembra non lo capiscono, dicendo che, per esempio,
la Germania è rimasta senza governo per ben 169 giorni; solo che, in Germania,
il governo uscente è plenipotenziario finchè non arriva quello nuovo, in Italia
no.
L’Italia è senza governo perché
una legge elettorale fatta male, appositamente male, votata a maggioranza anche
da chi, oggi, le imputa giustamente la causa della situazione di stallo
attuale, ha fatto in modo, programmaticamente, che le elezioni non le vincesse
nessuno, per quanto abbiano da sbraitare Grillini e Centro-destra. Nessuno ha
vinto le elezioni e nessuno ha la capacità di fare da solo: tocca mettersi d’accordo.
L’Italia è senza governo
anche perché nessuno ha la capacità o la volontà o la possibilità di mettersi d’accordo
con gli altri. Più che altro è una questione di calcolo politico: accordarsi
con coloro ai quali, fino alla vigilia del voto, si è sparato addosso può
produrre effetti elettorali nefasti, se ne è accorto il Movimento 5 Stelle che,
come ha detto PD, ha visto sparire milioni di elettori potenziali. C’è da
trovare la formula giusta, l’artificio, l’alchimia che faccia digerire all’elettorato
qualcosa di indigeribile. In questo sono tutti uguali, gli schieramenti: devono
fare i conti con l’elettorato, altrimenti si sparisce.
Allora ecco uscire le invenzioni
tipo il “contratto” di Di Maio, un modo neanche tanto originale per chiamare l’accordo
di governo. Di Maio ha voluto il pallino, se lo è trovato in mano prima ancora
di guardare il piano dove lanciarlo. E ancora se lo tiene, dopo due mesi e
oltre di finte. Di Maio ha avuto l’occasione di ammazzare politicamente Berlusconi
ma non l’ha sfruttata. Certo, ha fatto la finta, ma l’ha fatta talmente
prevedibile che cascarci avrebbe fatto dubitare chiunque di fare il gioco
sporco.
Dire a Salvini,
pubblicamente, sui giornali, come fosse un aut aut, anzi, togliamo il come
fosse, che il governo si sarebbe fatto solo levandosi di mezzo Berlusconi non
ha prodotto altro che effetto che costringere Salvini a non mollare Berlusconi.
È logico: se avesse accettato il diktat del grillino, Salvini avrebbe perso
ogni credibilità, sarebbe stato additato come traditore e avrebbe dato la netta
impressione di essere semplice creta nelle mani dei Pentastellati. Inaccettabile
per chiunque.
Poi il corteggiamento al PD,
questa volta senza veti, nemmeno per quel Renzi che, pur non essendo un
pregiudicato come il suo omologo di destra, può essere portatore di un giudizio
politico perfino più pesante. Ma non secondo Di Maio che c’ha provato in tutti
i modi, col PD, forse per affinità elettive, forse perché, a conti fatti,
meglio perdere la parte di movimento tendenzialmente di destra che quella di
sinistra, probabilmente più cospicua. Ma, anche qui, il contratto se lo è
portato a casa senza firme.
Ora si torna a trattare con
la Lega. Lo si fa più o meno ripetendo lo stesso copione ma con un
atteggiamento meno aggressivo: nessuno dei due leader sarà premier, ma
Berlusconi fuori. Rimane il diktat ma c’è la proposta di indietreggiare
insieme, cosa nuova in questi due mesi di fanfaronate. A questo punto Salvini
potrebbe accettare, potrebbe anche buttare a mare il rincoglionito di Arcore,
cosa che, credo, tutta Italia auspica. Ma la domanda è: perché Di Maio non lo
ha fatto prima? Attendiamo rapidi sviluppi.
Luca Craia