Le ciclovie sono la nuova frontiera del turismo, il futuro di
un settore che, per regioni come le Marche, diventa sempre più strategico. L’investimento
di 46,3 milioni di Euro per la costituzione di una rete ciclabile regionale che
colleghi entroterra e costa, annunciato nei giorni scorsi dal Presidente
Ceriscioli, sotto quest’ottica è più che sensato, anzi, sarebbe lungimirante.
Dico sarebbe perché, forse non tutti lo ricordano, nelle Marche c’è stato un
terremoto che ha distrutto un bel po’ di entroterra, quell’entroterra che si
vorrebbe collegare alla costa con delle ciclovie.
L’ira dei terremotati esplosa all’indomani dell’annuncio è
più che giustificata, perché vedere soldi che arrivano a pioggia per una
priorità che non è quella della ricostruzione, dopo due lunghi anni di nulla
assoluto, con gente che ancora non ha una casa, con le economie distrutte, le
comunità disintegrate e un orizzonte sempre più nebuloso, fa davvero bollire il
sangue. Ma attenzione: Ceriscioli non è uno stupido, e se la politica della
Regione è questa, bisogna ragionarci e capire cosa sta accadendo.
E sta accadendo che si sta portando avanti, senza più
neanche alcun pudore, una politica che non solo punta alla desertificazione
della zona montana, ma che la dà ormai per assunta. Se si pensa a una economia
turistica nuova e moderna, e a quello si deve pensare mentre si progettano
ciclovie per quarantasei milioni di Euro, bel sapendo che nelle zone montane il
turismo è fermo da due anni perché non ci sono più le strutture turistiche
elementari, significa soltanto che, nel progetto complessivo del nuovo turismo
marchigiano, quelle strutture non sono contemplate.
Sarebbe illogico produrre un piano turistico senza prima
aver ripristinato il sistema ricettivo. Eppure è quello che si sta facendo.
Quindi, o Ceriscioli è pazzo, e non credo lo sia, oppure la politica della
Regione Marte non prevede la ricettività nell’area colpita dal terremoto. Ma io
andrei ancora più avanti, perché credo che la ricettività, in realtà, sia
prevista ma non in tempi immediati e non come la conoscevamo prima del sisma.
Se esiste un progetto di desertificazione della zona montana, questo non è
certamente definitivo, ma punta soltanto a sradicare l’attuale popolazione per
aver il territorio completamente a disposizione. Per questo le ciclovie sono
pensate anche per giungere dove la ricostruzione non è mai partita: perché partirà,
ma solo quando l’area sarà spopolata. Allora ci sarà chi saprà gestirla al
meglio, ovviamente per i propri interessi e potenziando quell’economia globale
che nulla ha a che fare col territorio e la sua gente.
Luca Craia