È soddisfatto, Angelo Sciapichetti, assessore alla Protezione
Civile della Regione Marche, per il fatto che bel quattordici Sindaci
marchigiani gli sono venuti in soccorso cercando di toglierlo dalla graticola
delle famigerate piste ciclabili. È un documento in cui i Sindaci firmatari,
oltre a sostenere la Giunta Regionale in questo momento difficile in cui i
nostri amministratori sono messi alla berlina da terremotati e da mezza stampa
nazionale (quell’altra mezza deve occuparsi di Sanremo), spiegano, bontà loro, ancora
una volta alle capetoste come me che quei soldi non erano comunque destinati
alla ricostruzione ripetendo come un mantra le stesse parole usate dai vari
Ceriscioli, Sciapichetti, Casini e via discorrendo.
Appare inutile, a questo punto, ribadire che il fatto che
tali fondi non erano destinati alla ricostruzione ce lo sapevamo, ma che ci
sembra abbastanza irrispettoso far passare da deficiente chi legge già nella
definizione dei fondi stessi un criterio di spesa che poteva essere più vicino ai territori
colpiti. Se i fondi si chiamano “eventi sismici POR FESR Marche”, probabilmente
sarebbe stato il caso di utilizzarli per qualcosa che c’entri in qualche modo
col terremoto e i danni che ha fatto, piuttosto che per mandare in montagna i
ciclisti. Sono scelte, lo abbiamo sempre detto, scelte legittime ma anche fortemente
criticabili.
Comunque avete letto bene, sono ben 14 i primi cittadini che
giudicano positivamente l’investimento che la Regione Marche farà con questi
soldi, ossia la costruzione di due ciclovie che porteranno le due ruote dalla
costa alle macerie in un battibalocchio. Al che mi viene il legittimo sospetto che
magari mi sbaglio io, che forse in questa idea, che a me pare quantomeno balorda,
ci sia del buono che forse mi sfugge, se gli stessi sindaci del territorio
colpito dal terremoto reputano la cosa tanto utile da firmare un documento
congiunto per sostenerla.
Poi però vai a vedere quali sono questi quattordici Sindaci
e ti accorgi che non ce n’è uno dei paesi colpiti più duramente. Ci sono il
Sindaco di Macerata, di Corridonia, di Mogliano e Petriolo, paesi che hanno
preso una bella botta, sì, ma la cui situazione non è minimamente paragonabile
con quella di Camerino, Ussita, Visso, Castelsantangelo e via discorrendo. Ci sono anche i Sindaci di
Matelica, Esanatoglia, Fabriano, San Severino, Cerreto D’Esi, Castelraimondo, Tolentino,
Pollenza, Urbisaglia e Sarnano. Ma, guarda caso, quelli che hanno i centri
storici rasi al suolo, quelli spopolati, con l’economia massacrata, con le
strade chiuse da due anni e mezzo, non lo hanno firmato il documento, chissà perché.
Nelle Marche stiamo dimostrando che siamo un popolo di
cartapesta, e non ho usato termini più scurrili che pure ci starebbero. Non
abbiamo solidarietà tra noi, non abbiamo coesione, non ce la facciamo a remare
tutti nella stessa direzione mantenendo la capacità di riconoscere onestamente
chi ha più e chi ha meno bisogno di essere sostenuto. S’era capito da come ci
siamo approcciati all’emergenza, ognuno cercando di tirare l’acqua al proprio
mulino, dalle proteste tardive e da quelle con il timer, dai piccoli sgambetti,
dalla solitudine delle popolazioni.
Questo
ulteriore episodio rimarca ancora
una volta come facciano bene quelli che se ne stracicciano della gente e
mantengono l’intenzione di non ricostruire, di lasciare il deserto nelle
zone
terremotate, quelle terremotate sul serio, per cogliere l’enorme
opportunità
economica e politica che deriva dal terremoto. Le piste ciclabili sono
utili,
sì, davvero, ma tra dieci anni, non ora. Non prima che si sia
ricostruito il
sistema economico e sociale distrutto prima dal terremoto e poi
dall’incapacità
se non dalla volontà politica. Hanno fatto una scelta, legittima ma
sbagliatissima, una scelta che forse vuol dire che, in realtà, non
ricostruiranno mai, e questi quattordici Sindaci che la sostengono hanno
scelto anche loro.
E con queste teste, la guerra non si vince, né ora né mai.
Luca Craia