Sono molto preoccupato, perché vedo un decadimento
culturale, comportamentale e, soprattutto, intellettivo nel Paese che sembra
inarrestabilmente diretto verso un progressivo peggioramento. Lo vedo nei
social, il luogo dove ognuno di noi può esprimere liberamente il proprio
pensiero, un luogo nuovo, che fino a pochi anni fa non esisteva e non era
pensabile e che dovrebbe essere una rivoluzione culturale positiva nel senso della
democrazia e della partecipazione, dando a ognuno la possibilità di partecipare
in maniera costruttiva a un dibattito globale che coinvolga chiunque voglia
essere coinvolto. Invece nei social
assistiamo all’esplosione della rabbia, della cattiveria, dell’istintualità più
bestiale, alla violenza verbale che rischia sempre di più di concretizzarsi nel
fisico. È diventato quasi impossibile confrontarsi sui temi, ci si aggredisce
in una foga a dimostrare le proprie ragioni senza la minima propensione ad
ascoltare, figuriamoci a capire, quelle degli altri.
E tutto questo si ripercuote direttamente nella vita
pubblica, nel modo di comportarsi della classe dirigente, nella politica, nell’informazione.
È un decadimento che lascia sbigottiti e fa rimpiangere la ritualità a volte
ridondante ma sempre rispettosa della classe dirigente di qualche anno fa.
Trogloditi che affollano il web, che si malmenano verbalmente e che arrivano a
trasferire questi comportamenti addirittura sui giornali e nei luoghi di
potere, come un’epidemia di rabbia idrofoba inarrestabile e virulenta.
Facciamo l’esempio del post elezioni in Abruzzo, ma ce ne
sono a centinaia. La reazione di moltissimi utenti del cyber-spazio delusi
dalla prestazione del proprio schieramento che, evidentemente, ha incassato
meno voti di quanto aspettato, è stata incredibilmente violenta. Nessuno che si
interroghi o faccia un’analisi delle responsabilità proprie, ma tutti che si
scagliano contro l’elettorato, con epiteti irripetibili verso la popolazione
abruzzese. Del resto, anche dopo le politiche della scorsa primavera, la
soluzione più praticata è stata quella di insultare chi aveva votato contro e l’attuale
opposizione al governo non fa altro che pronunciare definizioni a dir poco
offensive nei confronti di chi ha votato per le forze di governo.
Ma quello che traspare è l’imbarbarimento, l’irrazionalità,
la sostanziale stupidità. La notizia che Virginia Raffaele, presentatrice dell’ultimo
Sanremo al fianco di Claudio Baglioni, nel corso di uno sketch avrebbe invocato
Satana, è incommentabile per chiunque sia dotato di un normale quoziente
intellettivo. Eppure sta generando un ampio e aspro dibattito sui social. E
forse il problema sono proprio i social.
Il social è uno strumento e, in quanto tale, non è né buono né
cattivo, dipende dall’uso che se ne fa. Come un martello è buono quando devi
piantare un chiodo e cattivo se lo dai in testa a qualcuno. Il social sarebbe
un’ottima occasione di comunicazione e crescita sociale ma, evidentemente,
visto l’uso che ne facciamo, non siamo in grado di usarlo positivamente. In
sostanza, rompiamo il martello in testa all’interlocutore.
Luca Craia