Civitanova sta vivendo come un lutto la notizia della
chiusura della storica Pasticceria Romana. In effetti è stato un fulmine a ciel
sereno, ma non ci sono dubbi, tanto che l’annuncio è stato dato dalla stessa
pagina Facebook dell’esercizio. Una brutta notizia, perché è dal 1970 che
questa pasticceria allieta i palati di Civitanovesi e non, è luogo di incontro
e aggregazione, polo culturale dove organizzare meeting, punto di riferimento
indiscusso per tutto il territorio. Locale fortemente strategico, all’angolo
tra Corso Umberto e la Stazione, la Romana è sempre stata, per chi ha
frequentato o ha vissuto a Civitanova, un qualcosa che c’è e sembra dovrebbe
esserci per sempre. Invece oggi la notizia è che non ci sarà più.
Non posso sapere, dallo scarno seppur toccante comunicato
apparso sui social, quali siano le motivazioni che hanno indotto i proprietari
a decidere per la chiusura ma, in un momento in cui si discute di aperture e
chiusure festive, di centri commerciali che fagocitano il commercio
tradizionale, di rimedi e ripari che appaiono come minimo tardivi, sapere che
questa istituzione del commercio e della vita sociale chiude i battenti assume
un valore simbolico al di là delle cause.
Il centro di Civitanova Marche soffre in maniera molto
evidente la presenza ingombrante dei grandi centri commerciali del circondario.
Chi ha un’età sufficientemente alta da ricordare come fosse il corso di
Civitanova la domenica riesce a capire cosa intendo, vedendo oggi il centro
svuotato, le vetrine chiuse, i negozi storici che, uno dopo l’altro, hanno
chiuso i battenti. Del resto, pare inevitabile: il cinema si fa al multisala,
nonostante l’eroica resistenza di alcune sale storiche come il Rossini. E la
domenica si passa al chiuso, al caldo, dentro al corso artificiale e
artificioso di qualche colosso del commercio gestito da una multinazionale a
cui del cuore della città, della vita sociale, della comunità non interessa
nulla.
E mentre i centri dei paesini dell’entroterra diventano
città fantasma, lugubri e tristi senza un’anima viva che circoli, Civitanova
sopravvive a stento cercando di resistere, con poche speranze, allo strapotere
di questi baracconi pieni di luci, suoni e attrattive ipnotiche. E quando un’altra
attività storica abbassa le serrande per sempre, è davvero un lutto. Che almeno
faccia riflettere.
Luca Craia