Le Marche sono una regione plurale. È un pregio, una
peculiarità unica, una cosa di cui, noi Marchigiani, possiamo vantarci avendo
un territorio talmente variegato da diventare speciale, irripetibile,
preziosissimo per questa sua non uniformità geografica, morfologica e
culturale. Veder diventare questo concetto di diversità, finora inteso sempre e
solo in senso squisitamente positivo, una realtà maligna che divide le
popolazioni e instilla odio è di una tristezza indicibile.
Il terremoto non ha soltanto spaccato le case, distrutto
città, mietuto vittime; il terremoto ha spaccato la nostra regione, marcando
una linea di confine laddove c’è sempre stata una demarcazione culturale e
storica, e facendola diventare una frontiera. A farlo, in realtà, non è stata
la terra che trema ma chi ha gestito tutto quello che è venuto dopo. Le
iniquità a cui abbiamo assistito, gli errori più o meno consapevoli, i
movimenti di denari a volte giustificati dalla legalità ma mai dalla giustizia
e dal buonsenso, il tutto in nome di una politica sempre più cieca davanti alla
realtà e sorda di fronte alle necessità delle popolazioni hanno spaccato un
territorio in cui hanno sempre convissuto realtà culturali ed economiche
diverse, con problematiche da affrontare, con i campanilismi che sono sempre
esistiti, con la normale propensione a fare gli interessi della propria parte
ma mai arrivando a toni di scontro così duri, a un odio sostanziale tra il nord
il sud che diventa ogni giorno più spaventoso.
Cavalcare questo odio da parte di chi ha responsabilità
politiche è immorale, né più né meno. Significa assumersi l’enorme
responsabilità di aver creato una frattura che potrebbe essere insanabile,
viste le poche cose che già legavano tra loro gli abitanti del nord con quelli
del sud di questa meravigliosa terra. Non è soltanto immorale approfittare di
un cataclisma (perché il terremoto, nel cratere, è stato un cataclisma umano,
sociale ed economico) per prendere vantaggi economici e politici. C’è di
peggio: c’è l’enorme responsabilità di distruggere l’unità sostanziale della
popolazione, quel senso di appartenenza che ci ha sempre fatto dire con
orgoglio “io sono marchigiano” sia che si fosse di Pesaro che di Ascoli. È di
questo, oltre che delle ingiustizie che si stanno commettendo, che si dovrà
rispondere davanti alla storia. Ed è inutile cercare di fermare con le minacce
chi la sta scrivendo, questa storia, raccontando tutto questo. Rimarrà memoria
di questo orribile periodo, e le responsabilità resteranno scolpite sul marmo
della storia di questa terra martoriata più dagli uomini che dalla natura.
Luca Craia