Io li capisco, i Cinquestelle. Hanno un’ansia
estrema di rinnovare, di fare qualcosa di diverso di fronte all’evidente
fallimento della politica “tradizionale” che per forza commettono errori.
Secondo loro è tutto sbagliato, è tutto da rifare, e in questo tutto ci mettono
proprio tutto, anche quello che, magari, da rifare non sarebbe. La faccenda dei
due mandati e a casa è la dimostrazione lampante di come darsi certe regole
senza ragionarle troppo spesso ti si rivolta contro.
Se uno fa bene un determinato lavoro,
non si capisce perché lo debba fare per un determinato periodo e poi basta. Un
buon idraulico è bene che faccia l’idraulico e non cambi mestiere ogni dieci
anni. Un buon avvocato, onesto, dovrebbe fare l’avvocato e non andare a fare l’idraulico
perché il periodo di fare l’avvocato è scaduto. Fare politica dovrebbe essere
un lavoro serio. Un lavoro. Ecco, i Cinquestelle fanno fatica a capire il concetto
di politico professionista; secondo loro, chi fa politica come professione come
minimo ruba. Sbagliato: c’è gente che ha fatto politica tutta la vita e ha
fatto bene, non ha rubato e ha portato vantaggio alla collettività.
Secondo loro, invece, la politica è un
servizio e va fatto per un po’ di tempo e non più. Che sia un servizio, è vero,
che vada fatto per un po’ e non più è una stupidaggine. Se uno lavora bene da
politico, faccia il politico tutta la vita e Dio ce lo conservi a lungo.
Se ne sono improvvisamente accorti una
volta che al potere ci sono arrivati loro. Gli succede, quando vengono eletti,
che si accorgano di aversi fatto delle regole che, sostanzialmente, sono
stupide e senza senso. Se ne è accorto Di
Maio, e meno male. Solo che, dire che ci si è sbagliati, è cosa faticosa,
antipatica. Allora che fa, il nostro Giggino? Si inventa il mandato 0. I
mandati non sono più due e poi a casa, ma ne aggiungiamo un terzo, che però non
contiamo, così on c’è bisogno di rifare la regola e dire che si è sbagliato. La
motivazione è che è un peccato disperdere l’esperienza. Evviva, l’ha capito. Ma
se i mandati sono tre anziché due, l’esperienza la disperdiamo lo stesso. Non
sarebbe meglio dire: ci siamo sbagliati, scusate?
Luca
Craia