Non paragoniamo l’Italia alla
California, non paragoniamola al Giappone. L’Italia non è paragonabile con
nessuna delle grandi aree soggette a pari rischio sismico semplicemente perché in
Italia c’è stato il medioevo, in California no. In Italia ci sono vestigia del
passato, testimonianze antiche e preziose, e gli stessi centri storici, le
stesse abitazioni che vi insistono, costituiscono un patrimonio culturale ma
anche turistico e, quindi, economico, a cui non possiamo rinunciare.
Immaginiamo Visso senza il suo centro storico, immaginiamo Norcia, Camerino.
Sono città in cui il centro storico, le antiche costruzioni, sono il volano, se
non per tutta l’economia locale, per buona parte di essa. Sono la part più
fragile, la più pericolosa in caso di sisma, ma non è possibile rinunciarvi.
E non è necessario rinunciarvi. Oggi
esistono tecnologie che consentono di rendere antisismiche anche le costruzioni
più antiche. Certamente non si possono raggiungere i livelli di un edificio
moderno e costruito fin dalla base con le conoscenze moderne, ma si può fare in
modo che la gente non muoia dentro le case antiche in caso di terremoto. Queste,
però, tecnologie costano, e non è pensabile che tutti i cittadini interessati
possano sopportare l’investimento necessario. Ma, se non si interviene sulla
totalità delle costruzioni, si rischia di rendere vano ogni intervento in
quanto, se ci sono stabili non adeguati, saranno quelli a far danno a chi, invece,
ha effettuato i lavori. Per questo motivo serve una politica globale, un
investimento pubblico e una specifica volontà di intervento da parte delle
Istituzioni.
In un Paese come l’Italia, dove
puntualmente ogni pochi anni avviene un evento sismico di portata tragica, questo
ragionamento dovrebbe essere prioritario, intervenire per prevenire nuovi danni
e nuove vittime durante il prossimo terremoto, che verrà sicuramente, questo è
certo, dovrebbe essere la prima cosa di cui ogni Governo dovrebbe occuparsi.
Invece le priorità sono ben altre e il terremoto, quello passato, è soltanto
una fastidiosa seccatura per la politica, figuriamoci pensare a quello futuro. Eppure
la vita dei cittadini dovrebbe preoccupare chi governa, nonché evitare nuovi
ingenti danni, come accade a ogni sisma, dovrebbe essere logico e immediato
nella mente dello statista e dell’uomo di governo.
Ma c’è un altro fattore da non
sottovalutare che dovrebbe indurre le Istituzioni a investire in prevenzione, programmando
un massiccio intervento di messa in sicurezza su scala nazionale: il rilancio
dell’economia. Un investimento pubblico di questa portata, seppure ingente,
sarebbe la scintilla che farebbe partire un processo economico virtuoso che porterebbe
lavoro e ricchezza capillarmente in ogni angolo d’Italia. Certo, servono
ingenti capitali, ma siamo in Europa e a quello dovrebbe servire l’Europa,
tanto più che l’Italia non è l’unico Paese UE ad avere questa necessità.
È una questione politica, evidentemente,
e non di soldi. È una questione di scelte. Purtroppo oggi la politica è attenta
soltanto al superficiale, a quello che dà visibilità, a interventi e proposte
appetibili mediaticamente. Forse programmare un intervento su scala nazionale
per salvare vite umane, evitare di pagare danni ingentissimi e rilanciare nel
contempo l’economia italiana è meno remunerativo che accapigliarsi su quattro
barconi o fare a gara a chi è più fascista a favore di telecamera.
Luca
Craia