Cercare le fonti dell’evasione non è
certamente facile, quello che è facile è fare come hanno sempre fatto tutti, ma
proprio tutti, i governi italiani da quando ci si è iniziati a porre il problema:
prendersela con i piccoletti, gli artigiani, i commercianti, categorie che, se
un tempo potevano anche evadere, e sicuramente lo hanno fatto, in tempi più
recenti e con le nuove normative sempre più stringenti, nono riescono più e,
soprattutto, non hanno più i redditi di una volta, tutt’altro. Ma la tendenza è
di aumentare sempre di più, non tanto i controlli, che già sono più che
sufficienti ed efficaci, ma l’aggravio di spese che ne consegue, aggravando una
situazione economica che già è grave di suo.
Ci sono, invece, settori economici che
non vengono presi in considerazione. Tra questo volevo indicare quello dei
terzisti cinesi. Ovviamente non si può generalizzare, ma il sistema è molto
diffuso e noto capillarmente, per cui è incomprensibile come non si intervenga
per arginarlo, anche in considerazione del grave danno che crea, non solo all’erario,
ma all’intera economia. I Cinesi sono
giunti in Italia ormai oltre vent’anni fa, e subito hanno iniziato ad occupare
spazi economici nel settore manifatturiero, in particolare in distretti estremamente
specializzati, come quello di Prato o quello Piceno, aprendo laboratori di
terziario al servizio della produzione di calzature e pelletterie.
Fin da subito i prezzi di questo tipo di aziende si sono dimostrati
estremamente concorrenziali e, nel cercare di capire come mai gli Italiani non
riescano a contrastarli sul settore costi al clientre, si trova facilmente il
meccanismo che ha portato, in pochi anni, alla totale distruzione del terziario
autoctono e una enorme emorragia di denaro verso la Cina. Il sistema è
semplice: si apre una partita IVA, si lavora per un paio d’anni scarsi, senza
pagare contributi, IVA e senza il minimo rispetto delle normative sulla
sicurezza sul lavoro. E si produce
fattura. Poi, dopo poco più di un anno, si chiude per riaprire con altro
nominativo e altri codici fiscali e partita IVA. In questo modo si evitano i
controlli e si riesce a evadere totalmente. I prezzi sono estremamente competitivi
e la concorrenza italiana non ha modo di difendersi, con aziende antiche e
consolidate che non possono permettersi si evadere un centesimo. Non solo: il
reddito così prodotto rimane quasi interamente all’interno della comunità
cinese e in gran parte prende la via della Cina.
Il danno è enorme ma, stranamente, i
controlli sono sporadici, rarissimi, e questo tipo di economia prospera
nonostante la crisi. A Prato, oggi, esistono quasi esclusivamente i Cinesi. Nel
Piceno hanno il quasi totale monopolio delle lavorazioni terziarie, come i
tomaifici, avendo falcidiato quelli italiani. Ma l’evasione la andiamo a
cercare sempre e solo nello stesso posto: artigiani e commercianti.
Luca
Craia