Mentre torna in auge l’argomento “cittadinanza
all’immigrato”, sia essa intesa come ius soli, ossia l’automatismo alla nascita
sul suolo italiano, o come ius culturae, ora di moda, ove si intenda il
frequentare le scuole italiane per almeno cinque anni o un ciclo scolastico per
ottenere la cittadianza, assistiamo al continuo ripetersi di atti criminali più
o meno gravi a opera di giovani e giovanissimi stranieri.
È di oggi la notizia, riportata dal
Corriere Adriatico, di un gruppo di ragazzine straniere che, a Porto Recanati,
hanno pestato brutalmente una coetanea sull’autobus. Sono episodi ricorrenti, e
chi ha la sventura di vivere in contesti dove la presenza di questi giovani
figli di immigrati è più massiccia non può non notare come gli stessi risultino
scarsamente integrati con i coetanei italiani. E questo è un problema serio.
La mancanza di integrazione delle ultime
generazioni di stranieri in Italia, quelli nati nel nostro Paese e che stanno
ricevendo un’istruzione nelle nostre scuole, quindi l’oggetto della proposta di
attribuzione dello ius culturae, implica alienazione e, come estrema
conseguenza, l’insorgere di fenomeni di degrado sociale o criminalità. Questi
ragazzi, che in teoria avrebbero la possibilità di vivere, crescere e ottenere
le stesse opportunità dei coetanei autoctoni, invece molto spesso restano
chiusi nelle loro comunità etniche e hanno scambi imprecisi e conflittuali con
la società del Paese dove vivono.
Esiste sicuramente un problema di
conflittualità culturale tra l’occidente e la cultura islamica, ma è anche vero
che mai sono state messe in campo autentiche strategie di integrazione sociale,
se non a scopo puramente propagandistico. Questi giovani crescono in quartieri quasi
prevalentemente abitati da stranieri, vanno a scuola in istituti e in classi
composte per la maggior parte da stranieri, non hanno reali possibilità di
mescolarsi con i propri coetanei italiani. Se poi il contesto sociale in cui
crescono è degradato già per le devianze degli adulti, si innesca un processo
di alienazione grave ed estremamente pericolosa, le cui conseguenze sono gli
atti criminali che conosciamo purtroppo molto bene.
Per questo parlare di ius soli o di ius
culturae è smaccatamente ipocrita: è chiaro che si tratta di una mera campagna propagandistica
che non affronta minimamente il problema ma che propone una soluzione sganciata
dalla realtà che rischia di produrre ancora più danni dell’attuale disintegrazione
sociale dei giovani stranieri.
Luca
Craia