La Corte Europea per i Diritti dell’Uomo
ha condannato l’Italia per il suo regime carcerario relativo ai pentiti. La
condanno arriva a seguito del ricordo di Marcello Viola, condannato all’ergastolo
per associazione mafiosa, omicidio, rapimento e detenzione d'armi. Un
pezzo di pane, insomma. Viola contestava
all’Italia il fatto che i pentiti, per la loro collaborazione, percepiscono uno
sconto di pena o altre agevolazioni, mentre lui, che di pentirsi non ha la
minima intenzione, è costretto a farsi tutto l’ergastolo in galera. La Corte di
Strasburgo gli ha dato ragione.
Il motivo per cui la Corte
Europea ha condannato l’Italia, invece, è proprio il sistema incentivante nei
confronti del pentito che collabora. Un sistema che ha dato grandi risultati
nella lotta al terrorismo e alla mafia ma che, a quanto pare, non piace all’Europa.
Lo si capisce dalla motivazione della sentenza che stabilisce come, sempre
secondo la Corte, la non collaborazione non implichi necessariamente che il
condannato non sia pentito di quanto compiuto, o che ancora abbia contatti con
la criminalità; non è detto che sia pericoloso. Un personaggio condannato
mafia, rapimento, omicidio potrebbe non essere pericoloso, secondo la Corte di
Strasburgo e se non collabora con la giustizia non può essere discriminato
rispetto a chi, invece, si pente e collabora.
Quindi l’Italia sarà costretta a
cambiare la propria legislazione sui pentiti. In questo modo un sistema che ha
dato ottimi risultati dovrà essere accantonato. È quasi meglio quando l’Europa
ci dice quanto debbono essere grosse le vongole.
Luca
Craia