È piuttosto sconcertante
l’immagine dell’aula di Montecitorio vuota per la votazione del cosiddetto “decreto
terremoto”. Si ha la netta impressione (impressione?) che del terremoto e,
soprattutto, dei terremotati non freghi più niente a nessuno. Certo, l’impressione
c’era anche prima, ma la foto dell’aula vuota è un segnale piuttosto preciso e
significa, almeno secondo la mia interpretazione, che la questione, almeno
politicamente, può considerarsi chiusa.
In effetti, la
politica si interessa ai problemi fintanto ne tragga qualche tipo di beneficio.
Come si dice nelle Marche, chi fa politica, in genere “non tira se non coglie”,
ossia non fa nulla se non ha un tornaconto. Il tornaconto, col terremoto, non c’è
più. Non c’è ritorno di immagine, in quanto le telecamere, ormai, si sono spente
e persino i fotografi, dopo aver pubblicato libroni commoventi, ora si godono
il frutto del loro lavoro e non fotografano più nulla. I giornalisti vanno a
farsi un giro nel cratere quando hanno necessità di scrivere una storiella
lacrimevole. Da tutto questo, i politici, che beneficio vuoi che ne traggano?
La politica si
muove anche per timore. Chi fa politica teme la sputtanata come la peste e, se
ci fosse un fronte serio di protesta, starebbero sempre lì, a ingraziarsi
questa o quella parte. Ma non c’è alcun fronte di protesta, in realtà non c’è
mai stato, con divisioni e faide tra i vari comitati. Per cui i politici non
hanno nulla da temere, anzi, se capitano da quelle parti, magari per tagliare l’ennesimo
nastro, sono sempre accolti festosamente.
Poi c’è il fattore
elettorale: i terremotati sono pochi, spostano pochi voti. Hanno avuto la
possibilità di eleggere i propri rappresentanti, ma ne è entrato uno solo e coi
voti di scarto, non l’hanno neanche votato, e gli stanno facendo una guerra
giudiziaria e mediatica che non si capisce. E quindi cala anche l’ultimo motivo
per cui la politica si debba interessare di terremoto.
Ecco, l’immagine
dell’aula di Montecitorio vuota ci restituisce in pieno una situazione
cristallizzata, ferma sul nulla di fatto e sul poco che si farà, una paralisi
di volontà le cui radici sono profonde e di cui parte della responsabilità
ricade sui terremotati stessi. Perché lo dobbiamo ben sapere: la politica non
fa gli interessi della gente, è la gente che deve essere interessante per la
politica. E la gente terremotata, interessante, non lo è più.
Luca
Craia